Un diffuso luogo comune del mondo del calcio afferma che un buon allenatore può incidere, nel bene, non più di un 20% sulle sorti della sua squadra. Probabilmente sottoporre i sostenitori di questo assunto a una visione ripetuta di Chelsea-Juventus potrebbe contribuire a sfoltirne le fila. In una partita bella, godibile ed equilibrata, preparata meticolosamente dai due tecnici Di Matteo e Conte, a fare la differenza sono state due mosse a sorpresa, una per parte, incarnate sul campo da Oscar e da Quagliarella.
Formazioni e impostazione tattica
Non era difficile ipotizzare che i due moduli scelti dai tecnici potessero essere il 4-2-3-1 per i Blues e il 3-5-2 per la Juve. Nell'analisi prepartita, che ho pubblicato (e potete leggere qui) sulla pagina facebook dei lettori del Guerin Sportivo, avevo individuato come possibili chiavi della partita per il Chelsea la marcatura di Pirlo e il controllo delle fasce laterali, principale sbocco della manovra juventina. In effetti Di Matteo sembra avere avuto in mente proprio queste priorità, ma rispetto alle aspettative degli analisti, ha saputo aggiugere un tocco di genio al momento di trovare una soluzione al primo problema. Anziché affidare Pirlo a uno fra Hazard e Mikel, inserisce a sorpresa il giovane Oscar: una mossa talmente inattesa che nemmeno uno dei siti specialistici inglesi, alla vigilia, ne aveva ipotizzato l'impiego, neppure part-time. Mossa sorprendente, ma perfettamente azzeccata, come dimostrato dalla partita. Sulle fasce, invece, il lavoro combinato dei due esterni offensivi (Ramires di ruolo, Hazard piuttosto improvvisato) e dei due laterali di difesa, Cole e Ivanovic, costringe presto Lichtsteiner, e più ancora Asamoah, a operare soprattutto nella metà campo difensiva.
Nella Juventus, avevo invece indicato Vidal, risparmiato da Conte domenica a Genova, come possibile uomo-chiave, sia nella fase di interdizione, essendo a lui affidato il controllo di Lampard, sia in fase di ripartenza. In effetti il cileno, soprattutto per le sue doti caratteriali, si è dimostrato fondamentale per recuperare il doppio svantaggio.
La partita
Si gioca a viso aperto, sin dai primi minuti. La Juve piazza Vucinic nell'area di David Luiz, mentre Giovinco finisce nel settore di Terry, che gli farà vedere palla solo per qualche rimessa laterale. Il Chelsea gioca con un baricentro più basso rispetto alla Juventus, come nelle previsioni, ma non rinuncia a ripartire a folate. Gli equilibri cominciano a cambiare superato il primo quarto d'ora, quando diventa evidente che Pirlo non ha mai spazio per fare ripartire l'azione, e che la Juve non ha a disposizone un “piano B”. Il Chelsea, pur giocando con meno possesso palla e più “verticale” dei bianconeri, riesce a farsi più volte pericoloso, obbligando Asamoah e Lichtsteiner a giocare spesso in linea coi centrali, il che allontana i due esterni dalla zona nevralgica e allunga le linee di rifornimento per le punte, che infatti ricevono pochissimi palloni.
Proprio quando il match sembra avere iniziato una fase di stanca, con la palla che staziona prevalentemente a centrocampo, gli equilibri saltano completamente e si vedono tre gol in sette minuti, tutti piuttosto estemporanei, ma degni di approfondimento.
Analisi dei gol (primo tempo)
I due segnati dal Chelsea, soprattutto, meritano di essere valutati con attenzione. A prima vista sono piuttosto casuali: un tiro da lontano su cui Buffon è in traiettoria che viene deviato da Bonucci in fondo al sacco, e un capolavoro balistico di Oscar da fuori area su cui qualunque portiere avrebbe finito col capitolare. In entrambe le occasioni, però, la difesa juventina, troppo profonda, fatica a uscire in pressing e a stringere gli spazi, facilitando la battuta del brasiliano.
Abbastanza estemporaneo è anche il gol della Juventus, che è frutto di una bella azione manovrata sul centro-sinistra, ma che arriva nel momento forse peggiore per i bianconeri, ed è segnato da un Vidal che, in quel momento, zoppica vistosamente.
Un parziale impietoso
La Juventus termina il primo tempo sotto 2-1, avendo rischiato anche qualcosa di peggio. Eppure gli indicatori raccontano un'altra realtà: i bianconeri sono davanti per possesso palla (54% a 46%), per percentuale di passaggi completati (72% contro 71%) e per distanza percorsa sul campo. In poche parole, hanno tenuto di più il pallone, corso di più e passato palla meglio, eppure perdono. Misteri del calcio, ed ennesima conferma della linearità quasi utilitaristica del Chelsea di Di Matteo
Secondo tempo
Il secondo tempo risulta di più facile lettura almeno nella prima mezzora: la Juventus, pur giocando di fatto con una sola soluzione offensiva, cioè quella rappresentata da Vucinic (Giovinco, purtroppo, è completamente avulso dal gioco), prende l'iniziativa e riesce a gestire la necessità di attaccare con una certa maturità, senza cioè prestare il fianco alle ripartenze avversarie. Ma in mezzo c'è tanta personalità ma poca precisione: Vidal recupera palloni, ma li restituisce quasi tutti con passaggi sbilenchi, Marchisio corre e si sbatte, ma perde in lucidità; in fascia, Lichtsteiner si batte, ma combina poco, mentre Asamoah è costretto a restare basso da Ramires.
Per cambiare la partita serve qualcosa di completamente nuovo, in grado di uscire dalla partita pianificata da Di Matteo. E accade: finalmente, Carrera (o chi per lui) trova la mossa giusta, inserendo il desaparecido Quagliarella al posto di Giovinco. In un quarto d'ora scarso, l'ex attaccante del Napoli mette in croce almeno tre volte la difesa dei Blues, grazie al suo movimento, che allarga gli spazi. Finale in crescendo della Juventus, anche perchè i due pilastri del centrocampo di casa, Lampard e Mikel, perdono smalto in fase di contenimento, tanto che dopo il gol del 2-2 i bianconeri avrebbero anche un paio di situazioni potenzialmente utili per capovolgere il risultato.
Conclusioni
La Juventus può rallegrarsi per non avere perso sul campo dei campioni in carica, al termine di una partita complessivamente equilibrata, ma che si era messa come peggio non si poteva. Il temperamento di Vidal, la riscoperta di Quagliarella e il rientro nel finale di Isla sono tre elementi potenzialmente importanti per il prosieguo della stagione. Sul piano tattico, però, la preparazione della partita ha dato ragione a Di Matteo, e solo un colpo ad effetto di Carrera (o chi per lui), ha consentito di raddrizzare il timone. Il 3-5-2 bianconero (ed era già accaduto lo scorso anno in alcune occasioni in campionato) è andato in difficoltà contro un avversario che ha saputo imbrigliarne le due fonti principali di gioco, ovvero il playmaker e gli esterni. In questi casi, individuare una seconda figura in grado di farsi carico con continuità dell'impostazione sembra ormai un'esigenza ineludibile.
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