Gli appassionati di calcio sanno bene che il 3-5-2 è tutto tranne che una novità, nell'ampia gamma dei moduli tattici. In effetti questo tipo di disposizione è nota e praticata da oltre 30 anni, ed è la naturale evoluzione del modulo 4-4-2 dopo che, nel mondiale 1982, l'Italia di Bearzot mostrò a tutti l'efficacia della "zona mista", ovvero di un particolare stile di gioco che abbinava alle ferree marcature difensive un pressing distribuito a zona nell'area di centrocampo. In particolare, già l'Italia '82 in certi frangenti utilizzava di fatto a partita in corso un modulo molto simile, dove Gentile, terzino destro e secondo marcatore, spesso si accentrava per seguire la seconda punta, muovendo a fianco di Collovati, con Scirea alle spalle, mentre dall'altra parte Cabrini, portato per caratteristiche a spingere, giocava spesso in linea coi centrocampisti spingendo Oriali verso il centro del campo a comporre la linea con Antognoni, Tardelli e Conti.
Più che un modulo definito, però, si trattava di una disposizione legata ai frangenti di gioco e alle caratteristiche dei singoli. Il primo a 'formalizzare' il 3-5-2 fu infatti Carlos Salvador Bilardo (La Paternal, 16 marzo 1939), con la sua Argentina (non a caso la squadra che avrebbe vinto il Mondiale successivo) nel 1984. Siamo a settembre, e la blanquiceleste gioca un'amichevole a Zurigo contro la svizzera. "El Narigòn" dà la formazione e comincia: "Pumpido in porta, poi Olarticoechea, Brown e Garrè. Poi Giusti...". Un giornalista lo interrompe: "Mister, ha dimenticato un difensore". Invece no, perchè Garrè gioca a centrocampo: è nato il 3-5-2, che poi, a fare questioni di lana caprina, sarebbe un 3-5-1-1, con Valdano punta e Maradona a fare quello che vuole fra centrocampo e attacco. La vittoria dell'Argentina al Mondiale in finale contro la Germania Ovest porta, come risultato collaterale, al diffondersi capillare del modulo, che guarda caso trova particolare apprezzamento proprio sui terreni tedeschi, dove lentamente si trasformerà nel 5-3-2 che porterà la nazionale di Beckenbauer a trionfare a Italia '90. In quel calcio di fine anni Ottanta, il 3-5-2 è la perfetta declinazione per la difesa a uomo, con due stopper centrali e un libero, supportati da due laterali che, per la forma mentis dominante nel calcio di vertice, con gli anni sono sempre meno centrocampisti e sempre più due terzini. Dopo il boom, il declino. La stagione del 3-5-2 termina per colpa di una concatenazione di eventi: da una parte, l'avvento del 4-4-2 versione zona-pressing di Arrigo Sacchi, che rivoluziona l'interpretazione degli spazi nel calcio, dall'altra le modifiche regolamentari che nei primi anni Novanta limitano fortemente il retropassaggio al portiere e rivedono drasticamente la regola del fuorigioco. Come risultato, il ruolo del "libero" finisce progressivamente in soffitta (per paradosso, Franco Baresi ne sarà proprio uno degli ultimi interpreti). Ma il calcio è un magma in perenne movimento: negli anni successivi la riscoperta del trequartista (altro ruolo quasi cancellato nelle interpretazioni più integraliste del gioco sacchiano) induce nuovi cambiamenti, e così, di aggiustamento in aggiustamento, si arriva all'estate del 2004. L'Europeo in Portogallo segna il "boom" del 4-2-3-1, che si diffonde rapidamente come modulo di riferimento.
Proprio il 4-2-3-1 è la prima causa del ritorno in auge del 3-5-2: infatti, lentamente, molti allenatori si rendono conto che una linea difensiva a 3 è più che sufficiente per controllare l'unico attaccante avversario, mentre il centrocampo a 5 consente di ristabilire la parità numerica con l'opposizione, "guadagnando" un uomo in più in avanti. Il sistema resta inoltre efficace anche in caso di avversari schierati con due punte e un trequartista (il che oggi equivale, quasi sempre, al 4-3-1-2). Questa nuova versione del 3-5-2, però, se da una parte mantiene inalterata rispetto alla prima la distribuzione degli undici in campo, presenta numerose innovazioni: intanto, in difesa, non si marca più a uomo, ma a zona; inoltre, i due esterni di centrocampo sono, nella maggior parte dei casi, "bilanciati" (un ex terzino, un elemento di caratteristiche più offensive), e questo per consentire, in caso di necessità, un pronto ritorno al 4-4-2 che resta il modulo di riferimento, l'ancora di salvezza a cui quasi tutti ricorrono per contrastare situazioni di imprevista difficoltà.
Molto interessante, nelle ultimissime evoluzioni del modulo, è la progressiva trasformazione di uno dei tre centrali in un giocatore multidimensionale, chiamato da un lato a far ripartire l'azione, come regista difensivo e prima fonte del gioco, e dall'altro a portare il raddoppio o a effettuare l'ultima chiusura. A pensarci bene, proprio i compiti che una volta spettavano al "libero". E proprio alla riscoperta (sotto mentite spoglie e diverso nome) del "libero" dedicherò la prossima puntata di questi "discorsi sul 3-5-2".
Più che un modulo definito, però, si trattava di una disposizione legata ai frangenti di gioco e alle caratteristiche dei singoli. Il primo a 'formalizzare' il 3-5-2 fu infatti Carlos Salvador Bilardo (La Paternal, 16 marzo 1939), con la sua Argentina (non a caso la squadra che avrebbe vinto il Mondiale successivo) nel 1984. Siamo a settembre, e la blanquiceleste gioca un'amichevole a Zurigo contro la svizzera. "El Narigòn" dà la formazione e comincia: "Pumpido in porta, poi Olarticoechea, Brown e Garrè. Poi Giusti...". Un giornalista lo interrompe: "Mister, ha dimenticato un difensore". Invece no, perchè Garrè gioca a centrocampo: è nato il 3-5-2, che poi, a fare questioni di lana caprina, sarebbe un 3-5-1-1, con Valdano punta e Maradona a fare quello che vuole fra centrocampo e attacco. La vittoria dell'Argentina al Mondiale in finale contro la Germania Ovest porta, come risultato collaterale, al diffondersi capillare del modulo, che guarda caso trova particolare apprezzamento proprio sui terreni tedeschi, dove lentamente si trasformerà nel 5-3-2 che porterà la nazionale di Beckenbauer a trionfare a Italia '90. In quel calcio di fine anni Ottanta, il 3-5-2 è la perfetta declinazione per la difesa a uomo, con due stopper centrali e un libero, supportati da due laterali che, per la forma mentis dominante nel calcio di vertice, con gli anni sono sempre meno centrocampisti e sempre più due terzini. Dopo il boom, il declino. La stagione del 3-5-2 termina per colpa di una concatenazione di eventi: da una parte, l'avvento del 4-4-2 versione zona-pressing di Arrigo Sacchi, che rivoluziona l'interpretazione degli spazi nel calcio, dall'altra le modifiche regolamentari che nei primi anni Novanta limitano fortemente il retropassaggio al portiere e rivedono drasticamente la regola del fuorigioco. Come risultato, il ruolo del "libero" finisce progressivamente in soffitta (per paradosso, Franco Baresi ne sarà proprio uno degli ultimi interpreti). Ma il calcio è un magma in perenne movimento: negli anni successivi la riscoperta del trequartista (altro ruolo quasi cancellato nelle interpretazioni più integraliste del gioco sacchiano) induce nuovi cambiamenti, e così, di aggiustamento in aggiustamento, si arriva all'estate del 2004. L'Europeo in Portogallo segna il "boom" del 4-2-3-1, che si diffonde rapidamente come modulo di riferimento.
Proprio il 4-2-3-1 è la prima causa del ritorno in auge del 3-5-2: infatti, lentamente, molti allenatori si rendono conto che una linea difensiva a 3 è più che sufficiente per controllare l'unico attaccante avversario, mentre il centrocampo a 5 consente di ristabilire la parità numerica con l'opposizione, "guadagnando" un uomo in più in avanti. Il sistema resta inoltre efficace anche in caso di avversari schierati con due punte e un trequartista (il che oggi equivale, quasi sempre, al 4-3-1-2). Questa nuova versione del 3-5-2, però, se da una parte mantiene inalterata rispetto alla prima la distribuzione degli undici in campo, presenta numerose innovazioni: intanto, in difesa, non si marca più a uomo, ma a zona; inoltre, i due esterni di centrocampo sono, nella maggior parte dei casi, "bilanciati" (un ex terzino, un elemento di caratteristiche più offensive), e questo per consentire, in caso di necessità, un pronto ritorno al 4-4-2 che resta il modulo di riferimento, l'ancora di salvezza a cui quasi tutti ricorrono per contrastare situazioni di imprevista difficoltà.
Molto interessante, nelle ultimissime evoluzioni del modulo, è la progressiva trasformazione di uno dei tre centrali in un giocatore multidimensionale, chiamato da un lato a far ripartire l'azione, come regista difensivo e prima fonte del gioco, e dall'altro a portare il raddoppio o a effettuare l'ultima chiusura. A pensarci bene, proprio i compiti che una volta spettavano al "libero". E proprio alla riscoperta (sotto mentite spoglie e diverso nome) del "libero" dedicherò la prossima puntata di questi "discorsi sul 3-5-2".
(2-continua)
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