giovedì 30 agosto 2012

Dimitar Berbatov, coerente a modo suo

"Sono un ragazzo tranquillo, e non posso cambiare il mio stile"
Con la pacatezza di chi sa che tanto alla fine farà ciò che vuole, e soprattutto ciò che più gli conviene, Dimitar Ivanov Berbatov pronunciava queste parole in tempi non sospetti, ovvero nel 2009 quando era ancora felicemente un giocatore del Manchester United.
Il poderoso centravanti bulgaro (Blagoevgrad, 30 gennaio 1981), nonostante gli avvenimenti degli ultimi giorni, è sicuramente un uomo coerente, con le idee chiare, e che ha sempre saputo tener fede alla propria priorità: guadagnare dal proprio lavoro più denaro possibile.
Figlio d'arte (suo padre Ivan giocò nel CSKA Sofia, sua mamma Margarita era nazionale di pallamano), Berbatov nonostante la ragguardevole mole (191 cm, 81 chili), si segnala fin dai primi calci per la sua intelligenza tattica e la sua lucidità sul campo, qualità che lo renderanno ideale fulcro del gioco per squadre di altissimo profilo. 
Il senso tattico e strategico peraltro trova riscontro in un notevole senso degli affari, e una capacità di gestione della propria carriera così spregiudicata da meritare un approfondimento, che non può che partire da una nota: le sue due squadre del cuore, sin da piccolo, sono il Milan (dove giocava il suo idolo Van Basten) e il Newcastle (per la presenza di Alan Shearer). Curiosamente, in carriera non vestirà mai la maglia di nessuna delle due: i rossoneri non lo cercano, il Newcastle non ha abbastanza soldi per permetterselo, e in casa di Dimitar, gli affari sono affari.
Lo dimostra già giovanissimo: cresciuto nel Pirin Blagoevgrad, nel 1998 (la foto lo ritrae proprio con la maglia del Pirin, durante un'amichevole benefica del 2007. Pur essendo un buon emblema del concetto di mercenario del calcio, pare infatti che Berbatov sia molto impegnato nel sociale), a 18 anni e mezzo, viene notato dal giocatore Giorgi Iliev, che prova a favorirne il trasferimento al Lokomotiv Plovdiv, ma l'affare collassa, perchè Berbatov riceve anche la proposta del CSKA di Sofia e firma per i biancorossi.
26 gol in 49 partite fra l'autunno 1998 e il giugno 2000 sono sufficienti a rivelare le sue qualità agli osservatori più attenti: fra questi c'è anche Pantaleo Corvino, all'epoca dirigente del Lecce, che con un blitz in Bulgaria si assicura il giocatore (o almeno così si illude): Berbatov fa anche le visite mediche, ma poi il suo agente riceve una telefonata. Dall'altro capo del telefono c'è il Bayer Leverkusen, che gli offre tanti pregiatissimi marchi al posto delle svalutatissime lire di quel periodo pre-Euro. Ovviamente Berbatov prende al volo l'occasione: nonostante il contratto fosse già definito, pretende dal Lecce la stessa cifra promessa dai tedeschi, e siccome i giallorossi non possono permettersi il ritocco, l'affare salta e il bulgaro passa alle "Aspirine". La sua ascesa continua a suon di reti e nel 2001-02 contribuisce con un gol al Liverpool nei quarti a portare il Leverkusen alla finale di Champions' League contro il Real Madrid.
Ritoccati più volte i termini del suo quadriennale, Berbatov viene contattato da numerosi club fra l'autunno 2005 e la primavera 2006: lo vogliono Celtic, Atletico Madrid e Liverpool, ma chi offre di più è il Tottenham, che diventa la sua nuova squadra per due anni. L'addio è - ancora una volta - controverso: su di lui si inserisce il Manchester United, e Alex Ferguson (quello che si lamenta perchè gli hanno soffiato Pogba) lo convince a firmare un contratto per la stagione 2008-09 al di fuori della finestra di mercato. Invano il Tottenham cita lo United e Ferguson per danni, sostenendo che le regole della Lega sono state violate e che l'esistenza di un contratto già firmato ha turbato il rendimento del giocatore e chiedendo anche la squalifica di Sir Alex. La federazione semplicemente fa notare che il contratto fuori dai termini, ammesso che esista, non può essere depositato perchè tanto non sarebbe valido. Tutto da rifare, e il pronunciamento convince il Manchester City a intromettersi nella trattativa: Berbatov, che al Tottenham ha un contratto in essere, ma è separato in casa, non gioca le prime partite del 2008-09 contro Sunderland e Chelsea, e sembra ormai un giocatore dei Citizens, ma lo United compie il controsorpasso il 1° settembre: 38 milioni di euro al Tottenham, più il prestito di Frazer Campbell, una carriola di soldi a Berbatov fra stipendio e "bonus di ingresso" e il bulgaro fa il secondo giro di valzer: ciao City, vado allo United. Tanto sempre Manchester è.
Il resto è storia recente. La storia di chi, partito da Manchester con in tasca un biglietto per Firenze (pagato dalla Fiorentina) si ferma a Monaco giusto il tempo per accettare l'offerta maggiorata della Juventus e fare un biglietto per Torino (a spese della Juve. Mica vorrete che si paghi la trasferta di lavoro?), salvo poi cambiare idea e tornare a Londra per andare al Fulham, che economicamente e per durata del contratto lo ha soddisfatto più della Vecchia Signora. Tutto molto lineare e coerente con l'intera carriera, come in fondo dovrebbero sapere operatori di mercato sempre informati come Pradè e Marotta. Sapere con chi si sta trattando, in fondo, è la prima base di ogni buon affare.
Nel fitto mistero, resta solo un interrogativo da sciogliere: sembra che nessuno all'aeroporto di Monaco abbia ancora capito a quale destinazione sono state inviate le sue valigie.

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