sabato 1 ottobre 2011

Lo chiamavano "Teresina"

Anni Venti: il Paese che fu di Cesare e di Augusto ammira, con genuina e littoriale fiducia, la radiosa(?) alba del Ventennio. E per meglio onorar la figura, maschia e virile del Duce Benito, anche i giornali sportivi si adeguano, ideando per i calciatori dell'epoca soprannomi solenni, marziali o comunque tali da incutere paura. Così, Levratto è "Sfondareti", De Vecchi "Il figlio di Dio", Monzeglio "Il Caimano", Libonatti, uno dei primi oriundi, "Il matador", fino ad arrivare, agli albori degli anni Trenta, al "Balilla", Peppino Meazza. I soprannomi sono come gli hobby: un po' derivano dalle caratteristiche di chi li porta, un po' sono specchio dei tempi. Ma in un'epoca in cui in ogni paese le scritte sulle case ricordano che "Il numero è potenza", e che "Solo Iddio potrà piegare la volontà fascista, gli uomini e le cose mai", fa un po' specie scoprire che nel Bologna c'è un'ala sinistra con un nomignolo in controtendenza: si chiama Giuseppe Muzzioli, ma tutti lo chiamano "Teresina".
Il soprannome (giova ricordare che "Teresina" era, in epoca fascista, il nome d'arte della più famosa donna cannone d'Italia), ha un'origine fisica: Muzzioli (nato a Bologna il 14 giugno 1904), è un'ala sinistra che abbina potenza e velocità: moro di capelli, corpo taurino, gamba corta, improvvisi cambi di passo lo rendono un contropiedista difficile da arginare. Peccato che la sua figura d'atleta sia rovinata esteticamente da un piccolo difetto fisico, una sorta di impazzimento ghiandolare, che fa sì che sotto le maglie di lanetta dell'epoca emergano, piuttosto evidenti, due seni torniti e sodi. Il nostro cerca di nascondere il dolce segreto come puo: nelle foto di squadra si piazza a braccia conserte e spalle curve; mentre è in azione, invece, la maglia a rigone verticali del suo Bologna lo aiuta almeno un po'. Soprannomi a parte, "Teresina" è uno dei grandi artefici dei primi due scudetti del Bologna, quelli del 1924-25 e del 1928-29. Fu lui l'autore, con una sua tipica cannonata, del "gol fantasma" (uno dei primi gol-non-gol del calcio, con palla sotto la traversa, rimbalzo sulla linea di porta e tanti problemi per l'arbitro) con cui i felsinei accorciarono le distanze nella terza finale contro il Genoa nel 1925. E fu sempre lui, nel decisivo spareggio del 1929 contro il Torino a Roma, a sparare sotto la traversa da fuori area il pallone che trafisse Bosia, dopo una travolgente azione di Angiolino Schiavio.
La "Bella Teresina" arriva al Bologna nel 1923, grazie a un'intuizione del "Mago" Felsner, che lo vede giocare nella Virtus Bologna (seconda squadra cittadina) e resta folgorato dal suo estro. Gli basteranno poche settimane per restare basito dalle abitudini del ragazzo, che appare subito poco portato al sacrificio e più propenso a frequentare osterie, ristoranti e bordelli che non il campo di allenamento.
Sempre tendente al sovrappeso, Muzzioli trova un faticoso equilibrio con la bilancia grazie alle "torture" di Felsner, che lo mette sotto torchio, ma ottiene risultati: dopo una prima annata di assestamento, con sole 2 presenze in maglia rossoblù, Muzzioli nel campionato 1924-25 - quello del primo tricolore - si impossessò del ruolo di ala sinistra per non mollarlo più, fino all'avvento, nel 1930, di un grandissimo campione come Carlo Reguzzoni. A questo punto "Teresina" emigra al Padova, ma ormai appesantito dagli effetti delle celebri "3T" bolognesi (Tortellini, Torri, Tette) non lascia grande traccia di sé sul campo. Discreto, invece, l'impatto sul pil dei locali notturni padovani.
Vittima, come tanti, della guerra, Muzzioli se ne va per sempre in un giorno d'estate, il 23 luglio del 1941. Si porta via due scudetti, 176 presenze e 41 reti in rossoblù.
Per chi volesse approfondire, ecco un articolo apparso su "Il Littoriale" l'11 luglio 1929, dopo il secondo scudetto del Bologna e scritto da una firma illustre: Vittorio Pozzo.

"E' toccato a Muzzioli di segnare il punto che doveva decidere di uno fra i più tenacemente ed accanitamente disputati Campionati d'Italia. Precisamente come in quell'altro Campionato, terribilmente conteso che vide il Bologna ed il Genoa incontrarsi quasi una mezza dozzina di volte prima che il Titolo giungesse alla sua definitiva allogazione. Allora, come ora, il punto della vittoria torna a merito di un giuocatore d'ala e dell'uomo che è, fra i dieci attaccanti in campo, il meno raffinato in fatto di stile, il meno perfezionato in fatto di tecnica. La linea fisica, lo stile di corsa, le movenze tutte non sono in Muzzioli quelle classiche di un calciatore. Lo stesso dicasi della sua concezione del giuoco: una concezione semplice, unilaterale, comprensibile di primo acchito dall'avversario, priva di finte, di finezze e di varianti. Ma Muzzioli ha un gran vantaggio sulla massa degli attaccanti del giorno d'oggi: è un giuocatore che tenta sempre e non dispera. E' sul campo per attaccare, ed attacca, sempre, comunque, dovunque. Un pallone avanti di due o di venti metri, una situazione qualsiasi davanti a lui, una possibilità anche remota di riuscir a far qualche cosa, ed ecco che Muzzioli tenta con coraggio, con fede, con volontà. Forse nessun'altra ala sinistra italiana si sarebbe trovata nella posizione in cui si trovò Muzzioli quando Schiavio eseguì il centro che doveva portare i bolognesi al successo. Martelli non c'era più: era passato a sostituire Pitto come mediano ed era stato immediatamente invitato dall'arbitro a seguire Pitto stesso fin negli spogliatoi. Della Valle si teneva in posizione arretrata, ed, accigliato e preoccupato come è nelle grandi giornate, lavorava troppo per la squadra per aver tempo di tentar qualche cosa per conto proprio. Busini III non lo si vedeva, era stato come ingoiato dal tono dell'avvenimento; il suo stile e il suo temperamento non sono fatti per farlo figurare ed emergere in partite tutto scintille e tutto fiera decisione. In piedi, come attaccante autentico, non rimaneva all'attacco emiliano se non Schiavio. Il miglior attaccante in campo. Lavorava per quattro e lavorava a proposito. Lavorava con uno stile così energico ed incisivo - pur comportandosi in modo leale, chè il centro avanti bolognese fu uno degli uomini più corretti in campo - , che gli avversari lo sorvegliavano con particolare attenzione. Era tale la convinzione che egli fosse oramai l'unico uomo pericoloso della linea, che quando egli si muoveva, l'intera difesa granata accennava a concentrarsi su di lui. Così Schiavio si impadronì del pallone nella sua metà campo e filò diritto davanti a sè. Il guizzo con cui egli superò il primo uomo che gli si parò di fronte, lo portò lungo la linea del fallo: ed irresistibilmente tutto quanto era disponibile e mobilitabile di difensori torinesi venne attratto verso di lui, Martin III°, Martin II°, Monti III°, Colombari, come per stringerlo in una morsa. Il lungo e forte traversone al centro che Schiavio effettuò, in novantanove casi su cento non avrebbe trovato collega alcuno pronto a trarne profitto. Qualunque altra ala sinistra sarebbe rimasta al proprio punto ed avrebbe pensato che, con così poche probabilità di successo, proprio non valeva la pena di andarsi a piazzare alla metà del campo ed all'altezza dell'area di rigore avversaria. Muzzioli non stette a pensar tanto. V'era da tentare ancora una volta, ed allora tentò. V'era una probabilità di successo da sfruttare, ed allora avanti. Non v'era centro avanti disponibile al momento e partì lui volontario. E quando il centro di Schiavio giunse tanto preciso da tagliar fuori l'intera difesa torinese, Muzzioli si trovò pronto al posto dell'assente centro avanti e fece quel che il centro avanti stesso avrebbe fatto od avrebbe per lo meno dovuto fare. Il tiro di Muzzioli, quello fu un'altra cosa. Egli sparò diritto innanzi a sè, nella direzione più semplice, in linea sul portiere. E' un fatto che si verifica nove volte su dieci: quando una situazione favorevole si presenta in modo inaspettato ed improvviso davanti a quell'obiettivo morale e pratico che è la rete, allora l'orgasmo è tale che, invece di cercar di ingannare l'unico uomo che rimane a battere, si punta diritto su di esso come attratti da una forza irresistibile. Invece di mirare all'angolo dove il portiere non c'è e dove non può arrivare, si lascia andar giù una gran cannonata su di lui. Muzzioli sparò diritto su Bosia. Il quale, sorpreso e suggestionato a sua volta si mosse fuori tempo, accennò confusamente a muoversi, e saltò quando già la palla si trovava nella sua parabola discendente dietro le sue spalle e verso la rete. Se Muzzioli fosse stato una stella del firmamento calcistico egli non si sarebbe trovato dove si trovò al momento del fatidico centro di Schiavio. Ed il campionato dell'annata non sarebbe ancora deciso, e la stagione sarebbe ancora viva, e noi saremmo ancora tutti qui ad attendere una decisione. V'è, detto tra parentesi, di che essere grati all'ala sinistra del Bologna. Ma un giuocatore di grido, uno di quelli che si muovono solo quando l'azione è impostata secondo tutte le regole dell'arte e quando essa possiede quella precisione e quella rapidità che eliminano la fatica, allontanano i rischi ed assicurano la possibilità di successo, un giuocatore di grido non si sarebbe trovato al posto in cui Muzzioli si trovò ed il centro di Schiavio non avrebbe trovato nessuno per raccoglierlo e l'occasione sarebbe andata sciupata. Libonatti se avesse giocato da ala sinistra non si sarebbe certo fatto trovare colà dove Muzzioli fu portato dal puro spirito di iniziativa e dalla volontà di ben fare. E' un opportunista Muzzioli, un uomo che, nelle grandi occasioni e dove la presenza di spirito vuole dir tutto, rende. Il Calcio è uno sport così complesso, che non sempre la finezza e la potenza di stile riescono ad imporsi. L'ala sinistra bolognese per esempio è, l'abbiamo visto, tutt'altro che un'arca di scienza in fatto di giuoco fine, abile, accorto. Ed egli è in pari tempo la negazione della rudezza, della violenza, della scorrettezza: è incapace di andare addosso ad un avversario, come è incapace di far male ad una mosca. E' semplice, è schietto, è bambino. Dice quello che sente, e, mentre gli altri si perdono in quisquiglie, fa quel che va fatto. E' l'esempio classico che nel Calcio c'è alla fin posto per tutti, qualunque stile si abbia, qualunque carattere si possegga, qualunque tendenza si rappresenti".

Nessun commento:

Posta un commento