sabato 16 maggio 2015

Milan in vendita. Trent'anni dopo - 2

Il Cda del Milan prima di Berlusconi. Da sinistra: Rivera, Farina, Lo Verde, Nardi
Il 13 dicembre 1985 (venerdì, giusto per dar ragione ai più superstiziosi) è in programma l'attesa riunione del Cda rossonero. Appuntamento a mezzogiorno, e i consiglieri ci sono tutti o quasi: mancano solo Nardi e Scalabrin, oltre al Presidente Farina. L'assenza dei primi due non desta particolare preoccupazione. Strana invece l'assenza di Farina, che di solito è uomo puntuale. In effetti, pochi minuti dopo il numero uno rossonero piomba in sala, e con cipiglio attacca a parlare. Sono poche parole ma hanno l'effetto di una deflagrazione: "Volevo solo comunicarvi la mia decisione di rassegnare le dimissioni da presidente del Milan. Non dico il motivo nell'interesse del Milan, mi dimetto proprio per non creare problemi alla società".
Incredulità in sala, e anche sgomento. Nessuno capisce perchè il Presidente (che dopo la partita col Waregem aveva manifestato l'intenzione di restare sulla tolda di comando ancora per molto tempo) lo abbia fatto.
Farina, in un'intervista rilasciata all'organo ufficiale della società, "Forza Milan", aggiunge qualcosa in più, ma senza chiarire eccessivamente, anche se ci sono due frasi che colpiscono: "Ho solo detto che mi dimetto, ma poichè sono stato eletto dall'Assemblea, ufficialmente presenterò le mie dimissioni nel corso dell'assemblea dei soci dell'8 gennaio". E poi, alla domanda: "quale potrà essere la nuova soluzione per la presidenza?", risponde secco: "Il Presidente ideale per il Milan è il Padreterno".
L'incertezza è estrema, e le cose peggiorano ulteriormente il giorno dopo: dalla Federcalcio viene inviata a Farina, e per copia al Presidente del Consiglio Sindacale, Arces, una lettera nella quale vengono rilevati scoperti bancari non autorizzati e notizie poco rassicuranti sulle società satelliti e collegate al Milan (ISMIL, Milan Promotion, Vice Sport, Milan Service).
Emergono intanto alcuni retroscena: sul "Corriere della Sera" si scrive che a convincere Farina a dimettersi sarebbe stata una telefonata di Gianni Rivera (suo vice) in cui il golden boy anticipava l'intenzione di non approvare il bilancio.
Giovedì 19 e venerdì 20 appare sulla scena Silvio Berlusconi. Con la consueta grazia.
Il 19 Fininvest emette un comunicato ufficiale: "Il gruppo Fininvest, di cui è presidente Silvio Berlusconi, dichiara la sua disponibilità ad esaminare la possibilità di un intervento a livello di capitale nella società A.C.Milan. Questa possibilità si manifesta oggi a seguito delle intenzioni di disimpegno pubblicamente manifestate dall'attuale presidente Farina".
Farina, subito dopo le dimissioni, invita i giornalisti al ristorante
per spiegare la sua versione dei fatti
Il giorno seguente, invece Farina invita i direttori dei giornali a pranzo al ristorante "Savini", per spiegare la sua verità. Caso vuole (ma è giusto credere al caso?) che al piano superiore stia pranzando Berlusconi, che casualmente scendendo vede Farina e i giornalisti e si avvicina, prestandosi volentieri alle domande. La sintesi è "Sono pronto a prendere il Milan, la mia è una famiglia di milanisti, vorremmo entrare e dare la nostra impronta". Ma c'è un ma. E domenica 22 il Cavaliere esterna attraverso "Il Giornale", facendo sapere che sì, è pronto a prendere il Milan, ma... "soltanto un Milan pulito, e pulito da Farina, non certo da noi. Ed in questo caso essendo il Milan anche un patrimonio affettivo, sapremo essere generosi". Insomma: lo prendiamo alle nostre cifre. Farina, in tribuna a Bergamo dove i rossoneri fanno 1-1 con l'Atalanta, ironizza: "Manderò il Milan in tintoria".
Ma quanto vale il Milan? Farina fa le cose per bene: convoca in sede Rivera e i consiglieri Cardillo e Ramaccioni e chiede loro una stima personale. Ramaccioni spara alto: 75 miliardi; Rivera e Cardillo concordano su 50. 
Ma nel pomeriggio, avviene qualcosa di clamoroso.
L'altro vicepresidente, Gianni Nardi, si presenta nel pomeriggio in Tribunale e chiede e ottiene il sequestro delle azioni di Farina. 
Poi fa inviare all'Ansa un comunicato: "Il vicepresidente del Milan Gianni Nardi ha reso noto di aver ottenuto (...) un sequestro conservativo e giudiziario nei confronti di Giuseppe Farina (...) sulle azioni rappresentanti il 51% del capitale sociale del Milan e sul 52% del capitale della Ismil spa. Tale sequestro ha esclusivo scopo di garantire gli impegni assunti dal dottor Farina e dalle sue società nei confronti del signor Nardi (...)". 
Per essere più chiari: Nardi, in un corposo dossier consegnato al Tribunale (23 pagine e 22 allegati) aveva lamentato un credito di 7 miliardi verso Farina, parlando anche di "gestione irregolare" e di "bilanci oscuri". Farina replicherà che lo scopo di Nardi è di impossessarsi della maggioranza azionaria, che lui, sì, aveva debiti con Nardi, ma li avrebbe onorati alla scadenza, il 30 giugno 1986, e che finora aveva tenuto fede agli impegni presi. Nardi controreplica adducendo un mancato pagamento da 300 milioni non corrisposti da Farina al 30 settembre, data di scadenza.
Nel frattempo, Berlusconi e Farina continuano a parlare. Si vocifera addirittura l'ipotesi di Liedholm presidente, che lo stesso svedese liquida con humor ("non è ancora Carnevale"). Il problema è che Berlusconi non ha nessuna intenzione di pagare il Milan 50 miliardi. Titola la "Gazzetta dello Sport" il 7 gennaio: "Farina ha chiesto quasi 50 milioni. Berlusconi scappa". 
Il giorno dopo, 8 gennaio, ci sarà la smentita. Ma ci sarà, soprattutto, l'assemblea dei soci. Farina conferma le dimissioni e aggiunge: "Ho tolto il Milan a Colombo, lo consegno a Berlusconi, speravo di meritare qualcosa di più", e chiede a Rosario Lo Verde (Palermo, 9 luglio 1914 – Milano, 28 marzo 2008), 68 anni all'epoca dei fatti, nel Cda del Milan dal 1978, e al momento uno dei vicepresidenti in carica, di succedergli pro tempore. Lo Verde si prende 3 giorni per accettare e precisa che si limiterà "a pilotare la trattativa con Berlusconi, sarò un notaio". Nel prosieguo dell'assemblea, volano gli stracci fra Farina e Nardi. Domenica 12 i giocatori partono per la trasferta di Lecce (il Milan vincerà 2-0) senza che gli stipendi di dicembre siano stati pagati. Lunedì 13 Rosario Lo Verde accetta la carica di Presidente e si mette al lavoro. Ma deve affrontare un grosso problema: al di là della trattativa con Berlusconi, la situazione della società è preoccupante, tanto che il neo presidente incarica tre esperti di vederci chiaro nei conti della società. Intanto la trattativa Farina-Berlusconi va avanti, ma il prezzo (siamo scesi a circa 40 miliardi) al Cavaliere non piace. Anche perché sa che il tempo lavora per lui. Ed esce allo scoperto proprio quando, il 15 gennaio Giussy Farina è in partenza per un viaggio d'affari all'estero....


(2 - continua)
(la prima puntata è stata pubblicata qui)

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