domenica 20 luglio 2014

Anno Zero. - 5 Ripartire dai giovani. Ma come?

Dopo quasi un mese di considerazioni sul precario stato di salute del nostro calcio, è ora di concludere il viaggio nell'Anno Zero, trasformando l'elenco di lamentele in qualcosa di costruttivo. C'è speranza per il nostro calcio? Qual è la strada da percorrere per uscire dalla crisi? Come era prevedibile nelle ultime settimane i suggerimenti si sono sprecati, e vale la pena ragionarci su.
La prima considerazione da fare è che si tratta, evidentemente, anche di un problema di uomini: da molti anni gli organismi direttivi del nostro calcio sono guidati più o meno sempre dalle stesse persone, e visto che per la FIGC la candidatura di Tavecchio mentre scrivo sembra in netto vantaggio, la sensazione è che sarà difficile cambiare questa tendenza. 
Per il resto, quasi tutti hanno individuato come punto principale della nostra crisi la progressiva riduzione del bacino di giocatori italiani da cui scegliere la rosa della nazionale, la carenza di fiducia concessa ai giovani dai club di alto livello, il proliferare di stranieri.
Tutto abbastanza vero, ma partendo dal fondo, è difficile, se non impossibile, mettere un freno normativo all'afflusso di calciatori stranieri in serie A: le norme comunitarie, che permettono il libero transito del lavoro per i cittadini dell'Unione Europea, non possono essere eluse. Le regole per l'importazione di calciatori extracomunitari (che per noi significa al 90% sudamericani) sono spesso aggirate grazie al doppio passaporto di cui moltissimi di questi atleti sono in possesso. Su queste basi, prendiamo atto che la legge non può aiutarci.
Quello che si potrebbe fare sarebbe redigere una regola che impedisca di aggregare lo straniero (europeo o extracomunitario) alle rose delle squadre giovanili: questo non contrasterebbe con la normativa europea (in fondo se qualcuno arriva in Italia per lavorare, è giusto che lo faccia con la prima squadra) e probabilmente spingerebbe alcune società ad acquistare meno under21 provenienti da federazione estera: se arrivando qui sapessero di rischiare di non giocare, probabilmente gli stessi giovani sarebbero meno inclini a trasferirsi in Italia. Questa ipotetica norma permetterebbe se non altro di lavorare su settori giovanili interamente autoctoni o quasi (farebbero eccezione gli stranieri nati in Italia o comunque già in Italia per altre ragioni). Probabilmente la norma potrebbe essere parzialmente aggirata svincolando lo straniero in questione e facendolo semplicemente arrivare in Italia da 'non tesserato', ma comunque l'incidenza straniera nei vivai diminuirebbe.
Di certo, è necessario trovare un sistema per incentivare l'utilizzo dei giovani a livello di prima squadra. In questo senso si potrebbe forse mutuare anche per serie A e B la regola già in vigore nei dilettanti che prevede incentivi economici in base all'impiego concesso a ragazzi sotto i 21 anni, redigendo una classifica che tenga conto dei minuti giocati dai giovani nel corso del campionato. Già come è concepita attualmente, la classifica esclude dai premi le società che a fine campionato retrocedono, il che permette di evitare che un club già sicuro della retrocessione cominci improvvisamente a far giocare la Primavera. Il rovescio della medaglia sarebbe legato al fatto che probabilmente, nelle ultime giornate, alcune società, trovandosi fuori dai giochi di classifica, farebbero un uso smodato dei giovani per guadagnare punti in questa graduatoria, ma con opportuni correttivi (magari escludendo dal conto le ultime cinque giornate, oppure con altri accorgimenti) potrebbe essere una base da cui partire. Di sicuro, aumenterebbe il numero di giocatori giovani impiegati al massimo livello e probabilmente costringerebbe le nostre società a investire maggiormente sui settori giovanili. 


Personalmente, invece, sono contrario alla istituzione delle squadre B. Dato per scontato che non potrebbero andare oltre una certa categoria, credo finirebbero comunque per mettere a rischio la regolarità dei finali di campionato. Se le squadre di serie A hanno troppi giocatori a contratto, molto meglio sarebbe istituire un limite ai giocatori con contratto professionistico che possono far parte di una rosa di prima squadra, fissandolo magari a 25, e un numero massimo di giocatori professionisti contrattualizzati (compresi i prestiti) magari fissandolo a 40. In serie A esistono società che controllano oltre 80 giocatori: decisamente troppi. In caso di necessità, sarebbe invece libero l'accesso al vivaio. Sono ipotesi semplici, ma che ritengo potenzialmente utili. Credo che anche l'istituto del prestito andrebbe contingentato: penso che per ogni squadra dovrebbe essere fissato un limite al numero di giocatori presi o dati in prestito, anche questo per evitare una eccessiva lievitazione dei costi.
Ci sono poi tutta una serie di ipotesi che potrebbero essere prese in considerazione per quanto riguarda i campionati. Una serie A a 20 squadre sembra francamente troppo per il nostro movimento. Vero è che i maggiori campionati europei (Spagna, Francia, Inghilterra) hanno tutti prime divisioni a 20 squadre. Tuttavia, la Germania ha una serie A a 18 e il suo stato di salute è ottimale. Quattro giornate in meno permetterebbero se non altro di eliminare i turni infrasettimanali e forse anche di allungare leggermente la pausa invernale, permettendo una migliore distribuzione delle energie. Forse anche la serie B potrebbe essere snellita a 18 squadre, ma questa è una valutazione che per gli equilibri del nostro calcio cambierebbe abbastanza poco.
(5. - Fine)

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