giovedì 26 giugno 2014

Italia Anno Zero - 2. La scelta del gruppo

Portieri: Buffon, De Sanctis, Sirigu. Difensori: Abate, Balzaretti, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Maggio, Ogbonna. Centrocampisti: De Rossi, Giaccherini, Marchisio, Montolivo, Thiago Motta, Nocerino, Pirlo. Attaccanti: Balotelli, Borini, Cassano, Di Natale, Giovinco, Diamanti.
Questi erano i 23 convocati con cui la nazionale italiana due anni fa, non una vita fa, aveva affrontato gli Europei di Polonia e Ucraina.
Questi, invece, erano i 23 convocati per la Confederations Cup dello scorso anno.
Portieri: Buffon, Sirigu, Marchetti. Difensori: Maggio, Chiellini, Astori, De Sciglio, Barzagli, Bonucci, Abate. Centrocampisti: Candreva, Aquilani, De Rossi, Montolivo, Pirlo, Giaccherini, Marchisio. Attaccanti: Balotelli, Giovinco, Gilardino, El Shaarawi, Cerci.
Nel giro di un anno, la rosa della nostra Nazionale era cambiata per quasi un terzo: solo 14 nomi del primo elenco sono presenti anche nel secondo.
Quanto ai convocati per questo Mondiale, facendo il raffronto sui 23 giocatori che hanno affrontato l'ultima scrematura i confermati rispetto a Euro 2012 sono 13 (anche se, ad onor del vero, lo sfortunato Montolivo l'aereo per il Brasile, senza infortunio lo avrebbe preso). Singolare che però che confrontando la rosa dell'Italia in Brasile solo 14 dei convocati per la Confederations Cup (15 con Montolivo) ce l'abbiano fatta ad agguantare uno dei 23 posti per il Mondiale brasiliano. Insomma: sia rispetto a due anni fa che ad un anno fa, il gruppo azzurro è cambiato comunque per un quarto del totale.
Una percentuale molto strana, se pensiamo che il secondo posto all'Europeo era stato un pieno successo, e che anche il terzo alla Confederations era stato accolto positivamente.
Sono dati matematici forse ancora limitati, ma che danno una prima idea di come Prandelli sia sempre stato piuttosto ondivago nel formare uno stabile “gruppo azzurro”.

Il gruppo nella storia azzurra
Fermo restando che il ct aveva tutto il diritto di scegliere il gruppo come meglio credeva, diciamo che questo approccio trova comunque pochi riscontri nella storia (più o meno) recente della Nazionale. Se le gestioni di Bearzot (tre Mondiali, 1978, 1982 e 1986, e un Europeo, 1980) erano state all'insegna di una conservazione capace di sconfinare nell'immobilismo, al punto che negli undici titolari della sua ultima partita da Ct, Italia-Francia in Messico, c'erano ancora due uomini che titolari lo erano già al suo esordio Mondiale, a Mar del Plata, otto anni prima, sempre contro i francesi (parlo di Cabrini e Scirea, e nel gruppo dei 22 "messicani" c'erano anche Tardelli e Rossi). Tuttavia, anche la gestione di Azeglio Vicini (un Europeo, 1988 e un Mondiale, 1990), e le successive di Trapattoni (un Mondiale, 2002, e un Europeo, 2004, fra l'altro entrambi negativi) e Lippi (2006 e - dopo l'interregno di Donadoni - 2010) erano state caratterizzate dalla costruzione e dal mantenimento di un gruppo con una precisa identità.
Enzo Bearzot contestato per le sue scelte troppo conservatrici (Vigo, 1982)
Unica eccezione nella serie, il periodo, per molti altri versi, anomalo, di Arrigo Sacchi, che fra USA 1994 e Inghilterra 1996 cambiò ben 13 dei 22 componenti la rosa "americana".
Intendiamoci: non sto tacciando Prandelli di 'sacchismo': a parte che non citerei di sacchismo nemmeno il mio peggior nemico, si tratta di un difetto che non ritrovo nel nostro ex ct. Certo, però, che sotto questo aspetto, il parallelo tra le due situazioni è interessante. Con una differenza, però: bisogna sempre contestualizzare il momento storico, e se lo facciamo nel caso di Sacchi nel biennio 1994-96 bisogna ammettere che il calcio italiano all'epoca offriva tantissime alternative. Fra i giocatori che Sacchi non portò al Mondiale USA, per esempio, c'erano Zenga, Peruzzi, Sebastiano Rossi, Bergomi (poi recuperato per il Mondiale 1998, ma nel '94 aveva 31 anni...), Vierchowod, Ferri, Lombardo, Ferrara, Carrera, Mannini (anche lui 31enne), Fuser, Marocchi, Giannini, Crippa, Di Matteo, Di Biagio, Stroppa, Vialli, Mancini e Di Canio (formidabile in quella stagione al Napoli): roba da farci un'altra nazionale, in grado probabilmente di passare il primo turno e forse qualcosa in più. E magari spunto per valutare l'esatta portata del secondo posto ottenuto a USA 94 (grande risultato, certo. Ma forse si poteva addirittura fare di più).
Insomma, Arrigo Sacchi, che in molti casi con le sue convocazioni (ed esclusioni) più volte sollevò polemiche anche aspre, aveva comunque l'imbarazzo della scelta. Prandelli no. Tutti in questi giorni stanno ribadendo (giustamente, e ne riparleremo) che la situazione del nostro campionato, fra crisi di talenti e eccessivo spazio agli stranieri, riduce le alternative a non più di 40-50 uomini. Vero. Ma allora perchè non insistere – per quanto possibile – su un gruppo che aveva fatto bene? In alcuni casi ci sono motivazioni più che valide per gli accantonamenti (Diamanti disperso in Cina, Giaccherini scomparso in Inghilterra, Nocerino e Giovinco non pervenuti) ma credo che una parte l'abbia giocata pure l'indecisione mostrata dal nostro ct anche in altri ambiti.

Approccio, promesse, scelte.
Se nei primi due anni di mandato il ct aveva, con ottimi risultati, ricostruito un gruppo e un senso di appartenenza, credo che abbia fallito il lavoro di consolidamento nel secondo biennio.
Di solito i metodi scelti in questi casi sono due: il primo è di 'chiudere' il gruppo, limitando al minimo i nuovi innesti e solo dopo ripetute prove positive in campionato. Bearzot, Vicini e più tardi Lippi hanno tutti usato questo approccio. Un po' meno Trapattoni, che però comunque privilegiò chi aveva frequentato la Nazionale al momento di scegliere la rosa per i grandi tornei (anche olte il lecito, con la rinuncia a Gilardino a Euro 2004). Il secondo, scelto anche da Prandelli, è quello di individuare un gruppo di senatori e attorno a loro modificare continuamente gli assetti in corso d'opera, per integrarlo al meglio, recependo le indicazioni del campionato. Come approccio, ci può assolutamente stare, ma questa modalità di scelta prevede una maggiore interazione fra il ct e i “senatori” che devono dare una mano nella “formazione” dei nuovi innesti, e magari anche nel valutare come si inseriscono in squadra e in spogliatoio.
Totti e Lippi; Giuseppe Rossi e Prandelli. Vicende per molti versi simili ma finite diversamente

Scelta questa modalità, occorre rispettare anche questa regola non scritta, e Prandelli credo non lo abbia fatto, soprattutto per quanto concerne Antonio Cassano, ostracizzato dal gruppo dopo Euro 2012, accantonato per oltre un anno e poi richiamato (con risultati agonistici pessimi e atteggiamenti extrasportivi deleteri) poco prima del Mondiale. Certo, il ct avrà anche chiesto il parere del gruppo sul rientro del 'Pibe de Bari', ma questo gli è sicuramente costato qualcosa in termini di stima da parte degli “anziani”. Penso che anche altre scelte non siano state considerate coerenti con la costruzione di un gruppo. Penso, più di tutte, quella di non convocare Rossi. Lippi in Sudafrica si portò un Pirlo fresco di menisco pur sapendo che non avrebbe potuto giocare la prima fase (fece un quarto d'ora contro la Slovacchia), e in Germania un Totti al 30%. A entrambi aveva fatto la stessa promessa: “Se starai in piedi, ti porterò”, e la mantenne. La fece anche a Vieri, aspettandolo fino all'ultimo giorno e addirittura avvertendo Pippo Inzaghi (“Se è almeno recuperabile per gli ottavi, porto lui e non te”); poi Vieri non ce la fece. Prandelli ha fatto lo stesso con Rossi (ricordo un'intervista in cui disse “lo aspetterò fino all'ultimo giorno”) e alla fine lo ha lasciato a casa. Eppure era già rientrato e con la Fiorentina aveva anche già segnato. Difficile pensare che nel mese intercorso fra la fine del campionato e la terza partita del girone non sarebbe ulteriormente migliorato.
Se vogliamo (ma era una questione un po' diversa), anche Bearzot, a suo tempo, aveva rischiato molto, con Paolo Rossi, e la scelta pagò i suoi dividendi.
Il problema, comunque, è il prodotto finale della selezione: una nazionale francamente male assortita. Dopo avere ripetuto per mesi che la polivalenza dei singoli sarebbe stata importante per non lasciare scoperto nessun ruolo, è bastato un problema a De Sciglio per generare una emergenza sull'esterno (costringendo Chiellini a giocare decentrato contro l'Inghilterra), è bastato un giallo a De Rossi per restare senza interdittori, è bastata una sostituzione sbagliata per giocare tutto il secondo tempo con l'Uruguay senza più punte vere da mettere dentro. Non c'è da stupirsi che alla fine il gruppo, anche per questo, gli abbia presentato il conto.
Ma qui il discorso si interseca con le modalità di gestione del gruppo selezionato, e di questo parleremo nella prossima puntata.




(2 – continua. Prossimamente: Cassano, Balotelli e gli altri)

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