Portieri: Buffon, De Sanctis, Sirigu.
Difensori: Abate, Balzaretti, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Maggio,
Ogbonna. Centrocampisti: De Rossi, Giaccherini, Marchisio, Montolivo,
Thiago Motta, Nocerino, Pirlo. Attaccanti: Balotelli, Borini,
Cassano, Di Natale, Giovinco, Diamanti.
Questi erano i 23 convocati con cui la
nazionale italiana due anni fa, non una vita fa, aveva affrontato gli
Europei di Polonia e Ucraina.
Questi, invece, erano i 23 convocati
per la Confederations Cup dello scorso anno.
Portieri: Buffon, Sirigu, Marchetti.
Difensori: Maggio, Chiellini, Astori, De Sciglio, Barzagli, Bonucci,
Abate. Centrocampisti: Candreva, Aquilani, De Rossi, Montolivo,
Pirlo, Giaccherini, Marchisio. Attaccanti: Balotelli, Giovinco,
Gilardino, El Shaarawi, Cerci.
Nel giro di un anno, la rosa della
nostra Nazionale era cambiata per quasi un terzo: solo 14 nomi del primo elenco
sono presenti anche nel secondo.
Quanto ai convocati per questo
Mondiale, facendo il raffronto sui 23 giocatori
che hanno affrontato l'ultima scrematura i confermati rispetto a Euro
2012 sono 13 (anche se, ad onor del vero, lo sfortunato Montolivo
l'aereo per il Brasile, senza infortunio lo avrebbe preso). Singolare
che però che confrontando la rosa dell'Italia in Brasile solo 14 dei
convocati per la Confederations Cup (15 con Montolivo) ce l'abbiano
fatta ad agguantare uno dei 23 posti per il Mondiale brasiliano.
Insomma: sia rispetto a due anni fa che ad un anno fa, il gruppo
azzurro è cambiato comunque per un quarto del totale.
Una percentuale molto strana, se
pensiamo che il secondo posto all'Europeo era stato un pieno
successo, e che anche il terzo alla Confederations era stato accolto
positivamente.
Sono dati matematici forse ancora
limitati, ma che danno una prima idea di come Prandelli sia sempre
stato piuttosto ondivago nel formare uno stabile “gruppo azzurro”.
Il gruppo nella storia azzurra
Fermo restando che il ct aveva tutto il diritto di scegliere il gruppo come meglio credeva, diciamo che
questo approccio trova comunque pochi riscontri nella storia (più o meno) recente
della Nazionale. Se le gestioni di Bearzot (tre Mondiali, 1978, 1982
e 1986, e un Europeo, 1980) erano state all'insegna di una
conservazione capace di sconfinare nell'immobilismo, al punto che
negli undici titolari della sua ultima partita da Ct, Italia-Francia
in Messico, c'erano ancora due uomini che titolari lo erano già al suo
esordio Mondiale, a Mar del Plata, otto anni prima, sempre contro i
francesi (parlo di Cabrini e Scirea, e nel gruppo dei 22 "messicani"
c'erano anche Tardelli e Rossi). Tuttavia, anche la gestione di
Azeglio Vicini (un Europeo, 1988 e un Mondiale, 1990), e le
successive di Trapattoni (un Mondiale, 2002, e un Europeo, 2004, fra
l'altro entrambi negativi) e Lippi (2006 e - dopo l'interregno di
Donadoni - 2010) erano state caratterizzate dalla costruzione e dal
mantenimento di un gruppo con una precisa identità.
Enzo Bearzot contestato per le sue scelte troppo conservatrici (Vigo, 1982) |
Intendiamoci: non sto tacciando
Prandelli di 'sacchismo': a parte che non citerei di sacchismo
nemmeno il mio peggior nemico, si tratta di un difetto che non
ritrovo nel nostro ex ct. Certo, però, che sotto questo aspetto, il
parallelo tra le due situazioni è interessante. Con una differenza,
però: bisogna sempre contestualizzare il momento storico, e se lo
facciamo nel caso di Sacchi nel biennio 1994-96 bisogna ammettere che
il calcio italiano all'epoca offriva tantissime alternative. Fra i
giocatori che Sacchi non portò al Mondiale USA, per esempio, c'erano
Zenga, Peruzzi, Sebastiano Rossi, Bergomi (poi recuperato per il
Mondiale 1998, ma nel '94 aveva 31 anni...), Vierchowod, Ferri,
Lombardo, Ferrara, Carrera, Mannini (anche lui 31enne), Fuser,
Marocchi, Giannini, Crippa, Di Matteo, Di Biagio, Stroppa, Vialli,
Mancini e Di Canio (formidabile in quella stagione al Napoli): roba
da farci un'altra nazionale, in grado probabilmente di passare il
primo turno e forse qualcosa in più. E magari spunto per valutare
l'esatta portata del secondo posto ottenuto a USA 94 (grande
risultato, certo. Ma forse si poteva addirittura fare di più).
Insomma, Arrigo Sacchi, che in molti
casi con le sue convocazioni (ed esclusioni) più volte sollevò
polemiche anche aspre, aveva comunque l'imbarazzo della scelta.
Prandelli no. Tutti in questi giorni stanno ribadendo (giustamente, e
ne riparleremo) che la situazione del nostro campionato, fra crisi di
talenti e eccessivo spazio agli stranieri, riduce le alternative a
non più di 40-50 uomini. Vero. Ma allora perchè non insistere –
per quanto possibile – su un gruppo che aveva fatto bene? In alcuni
casi ci sono motivazioni più che valide per gli accantonamenti
(Diamanti disperso in Cina, Giaccherini scomparso in Inghilterra,
Nocerino e Giovinco non pervenuti) ma credo che una parte l'abbia
giocata pure l'indecisione mostrata dal nostro ct anche in altri
ambiti.
Approccio, promesse, scelte.
Se nei primi due anni di mandato il ct
aveva, con ottimi risultati, ricostruito un gruppo e un senso di
appartenenza, credo che abbia fallito il lavoro di consolidamento nel
secondo biennio.
Di solito i metodi scelti in questi
casi sono due: il primo è di 'chiudere' il gruppo, limitando al
minimo i nuovi innesti e solo dopo ripetute prove positive in
campionato. Bearzot, Vicini e più tardi Lippi hanno tutti usato
questo approccio. Un po' meno Trapattoni, che però comunque
privilegiò chi aveva frequentato la Nazionale al momento di
scegliere la rosa per i grandi tornei (anche olte il lecito, con la
rinuncia a Gilardino a Euro 2004). Il secondo, scelto anche da
Prandelli, è quello di individuare un gruppo di senatori e attorno a
loro modificare continuamente gli assetti in corso d'opera, per
integrarlo al meglio, recependo le indicazioni del campionato. Come
approccio, ci può assolutamente stare, ma questa modalità di scelta
prevede una maggiore interazione fra il ct e i “senatori” che
devono dare una mano nella “formazione” dei nuovi innesti, e
magari anche nel valutare come si inseriscono in squadra e in
spogliatoio.
Totti e Lippi; Giuseppe Rossi e Prandelli. Vicende per molti versi simili ma finite diversamente |
Scelta questa modalità, occorre rispettare anche questa regola non scritta, e Prandelli credo non lo abbia fatto, soprattutto per quanto concerne Antonio Cassano, ostracizzato dal gruppo dopo Euro 2012, accantonato per oltre un anno e poi richiamato (con risultati agonistici pessimi e atteggiamenti extrasportivi deleteri) poco prima del Mondiale. Certo, il ct avrà anche chiesto il parere del gruppo sul rientro del 'Pibe de Bari', ma questo gli è sicuramente costato qualcosa in termini di stima da parte degli “anziani”. Penso che anche altre scelte non siano state considerate coerenti con la costruzione di un gruppo. Penso, più di tutte, quella di non convocare Rossi. Lippi in Sudafrica si portò un Pirlo fresco di menisco pur sapendo che non avrebbe potuto giocare la prima fase (fece un quarto d'ora contro la Slovacchia), e in Germania un Totti al 30%. A entrambi aveva fatto la stessa promessa: “Se starai in piedi, ti porterò”, e la mantenne. La fece anche a Vieri, aspettandolo fino all'ultimo giorno e addirittura avvertendo Pippo Inzaghi (“Se è almeno recuperabile per gli ottavi, porto lui e non te”); poi Vieri non ce la fece. Prandelli ha fatto lo stesso con Rossi (ricordo un'intervista in cui disse “lo aspetterò fino all'ultimo giorno”) e alla fine lo ha lasciato a casa. Eppure era già rientrato e con la Fiorentina aveva anche già segnato. Difficile pensare che nel mese intercorso fra la fine del campionato e la terza partita del girone non sarebbe ulteriormente migliorato.
Se vogliamo (ma era una questione un po' diversa), anche Bearzot, a suo tempo, aveva rischiato molto, con Paolo Rossi, e la scelta pagò i suoi dividendi.
Il problema, comunque, è il prodotto finale della selezione: una nazionale francamente male assortita. Dopo avere ripetuto per mesi che la polivalenza dei singoli sarebbe stata importante per non lasciare scoperto nessun ruolo, è bastato un problema a De Sciglio per generare una emergenza sull'esterno (costringendo Chiellini a giocare decentrato contro l'Inghilterra), è bastato un giallo a De Rossi per restare senza interdittori, è bastata una sostituzione sbagliata per giocare tutto il secondo tempo con l'Uruguay senza più punte vere da mettere dentro. Non c'è da stupirsi che alla fine il gruppo, anche per questo, gli abbia presentato il conto.
Ma qui il discorso si
interseca con le modalità di gestione del gruppo selezionato, e di questo parleremo nella
prossima puntata.
(2 – continua.
Prossimamente: Cassano, Balotelli e gli altri)
Nessun commento:
Posta un commento