giovedì 6 febbraio 2014

Destinacao Brazil - Autobol e autogol

Si lotta a tutto gas per il possesso del pallone
La storia che vi raccontiamo stasera è tutta vera. D'altra parte, gli eventi di cui vi raccontiamo si sono svolti in Brasile, un paese dove il calcio, anche quando è pazzia, finisce col diventare qualcosa di serissimo.
Tutto comincia con la creazione di un pallone colossale, realizzato in pelle di bufalo, dal diametro di un metro e mezzo e del peso di 12 chili. Lo aveva cucito la fabbrica di palloni Drible di Sao Paulo, negli anni Sessanta, per fare un po' di autopromozione a margine di una partita della Selecao giocata in città. 
Il problema nacque, finita la partita, quando si dovette decidere cosa farne.
La gigantesca palla di cuoio restò inutilmente esposta all'interno della fabbrica fino al 1970. Poi, dopo che un eccentrico signore di Taubatè tentò invano di utilizzarlo per lanciare il calcio equestre: una versione del calcio in cui i cavalli avrebbero dovuto prendere a zoccolate la sfera (sic). Il problema fu che il pallone era così grande che finì con l'intimorire gli animali, anzichè spingerli a giocare...
La super palla però finì poco dopo in mani più capaci, quelle di Màrio Marques Tourinho, un ex membro della Competitive Driver Association, che era stato per vent'anni anche medico sportivo dell'Amèrica FC.
Narrano leggende metropolitane che l'idea a Tourinho venne mentre guidava sulla strada che costeggia il lungomare di Copacabana. Dalla sabbia un pallone calciato troppo lungo si dirigeva contro il suo parabrezza. Avrebbe potuto frenare, ma invece accelerò, colpì il pallone e lo rimandò sulla spiaggia. Eureka. Era nato "O autobol".
(Auto)calcio di rigore
Ora: se il brasiliano medio ha solitamente due fissazioni (il calcio e le donne, e pare che il primo vinca per distacco), Màrio Marques Tourinho era un signore che ne aveva almeno tre: una di queste era l'automobilismo, e aver colpito il pallone con così tanta precisione col parabrezza della sua auto lo convinse che due delle sue tre passioni potevano essere fuse insieme per dare vita a un nuovo sport: l'autocalcio.
Fu così che il 19 settembre 1970 durante l'intervallo della partita fra Flamengo e Madureira, andò in scena la prima partita di "Autobol".
Il radiocronista Luis Mendez la ricordava così: "Arrivarono dieci auto e cominciarono a guidare l'una contro l'altra. Cercando di spingere un pallone nella rete...".
Era una fase embrionale: "Autobol" perfezionò le sue regole: ne furono ideate varie versioni, a seconda delle dimensioni del campo da gioco: le squadre potevano essere di 3, 4, 5 o anche 6 auto. Si usavano di solito vecchie vetture, modelli dalle buone prestazioni, ma già destinati allo smaltimento. Più o meno il senso delle regole era quello del calcio, con l'unica differenza che era vietato tornare indietro in possesso di palla. Le macchine dei portieri potevano parare solo con il "muso", e non con la fiancata.
Una fase di un Vasco-Fluminense
C'era anche l'arbitro, fornito di giacchetta nera e cartellini, ma non di un'auto: il direttore di gara, infatti andava a piedi, e non si sa bene se la regola fosse nata per una forma di sadismo verso la classe arbirale, o per non aumentare ulteriormente il rischio di collisioni... La storia dell'Autobol comunque riporta qualche caso di arbitro investito, ma mai in modo grave.
Tre anni dopo l'esordio, Autobol era diventato uno sport: a Rio si crearono diverse squadre che portavano il nome delle squadre di calcio e dipingevano le auto con i colori del team supportato, e proprio nel 1973 partì anche il primo Campionato Carioca: lo giocavano Fluminense, Vasco, Flamengo e Amèrica. L'anno seguente arrivò sulle scene anche il Botafogo.
Per evitare il ribaltamento e lo schiacciamento delle auto, furono inserite delle modifiche come pali di rinforzo indeformabili e roll-bar; le squadre più evolute avevano anche il...massaggiatore: un meccanico che in caso di rottura cercava di rimettere a posto l'auto con pinze, fil di ferro, viti e bulloni.
La perversione tutta brasiliana ebbe per diversi anni un discreto successo: le affluenze variavano dai 4000 ai 17000 spettatori a partita, ma col tempo emersero alcuni problemi. Il primo riguardava la difficoltà di reperire i campi: l'autocalcio devastava i prati, e quindi negli stadi di calcio si giocarono pochissimi incontri, anche se nel 1974 la Fluminense, dovendo comunque rifare integralmente il fondo del suo terreno nel corso dell'estate, autorizzò per un'intera settimana di giocare partite di autocalcio nel proprio stadio, prima della rizollatura.
A decretare la fine del gioco non fu però nè questo aspetto, nè l'oggettiva pericolosità dell'Autobol (gli incidenti, anche gravi, erano frequenti, anche se pare non se ne sia mai verificato uno mortale), ma bensì un atto governativo, che alla fine di quel 1974 bandì tutti gli sport a motore dal Brasile per via della crisi energetica. L'Autobol era durato quattro anni, dimostrando l'isteria di massa dei brasiliani per tutto ciò che richiama nella loro mente la simbologia e l'emozione del gioco più bello del mondo.
Altri tempi? Può darsi. Ma ognitanto, anche oggi, c'è ancora qualcuno che ci riprova...


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