giovedì 30 gennaio 2014

G.B.Fabbri e l'invenzione del 4-2-3-1

«Ho sempre insegnato calcio. E il calcio in tutti questi anni non è cambiato. E' sempre fatto di bei tiri, di passaggi smarcanti. Chi parla di calcio moderno dice fesserie. Il calcio moderno è del Barcellona come lo era quello dell'Olanda vent'anni fa. Queste convinzioni mi hanno procurato parecchi nemici ma se il calcio è calcio, non può essere anche atletica oppure podismo. I preparatori atletici? Brava gente, vanno tanto di moda ma non fanno davvero per me».
Giovanni Battista "Gibì" Fabbri (San Pietro in Casale, 8 marzo 1926) è vicino al traguardo degli 88 anni. Ma a giudicare da questa breve frase, rilasciata a un giornale emiliano un annetto fa, è sempre sul pezzo.
Allenatore di grande intuito, sempre pronto alla sperimentazione e all'innovazione, ha legato il suo nome a diversi "miracoli di provincia", fra i quali quello dell'Ascoli di Rozzi che nel 1979-80 sfiorò la qualificazione Uefa, e soprattutto quello del Lanerossi Vicenza di patron Farina, che sotto la sua guida, nel 1977-78, sfiorò addirittura lo scudetto, piazzandosi al secondo posto dietro la Juventus.
Da giocatore era stato un mediano, soprannominato "brusalerba" per le doti di velocità e resistenza, da allenatore, in un'epoca fortemente caratterizzata dal prevalere del calcio "totale", si distinse invece soprattutto per la sua diversità tattica e la propensione al gioco offensivo.
Se alcune settimane fa abbiamo paragonato il "gioco corto" di Corrado Viciani ad una anticipazione del "tiki-taka", con Fabbri siamo di fronte a un precursore consapevole. Fu il suo Vicenza, infatti, il primo esempio pratico di 4-2-3-1 visto sui campi di calcio.
Come spesso accade, la grande intuizione nasce dalla necessità: dopo vent'anni di serie A, il Vicenza nel 1974-75 retrocede in B. L'immediato rilancio, affidato a Manlio Scopigno (poi sostituito da Cinesinho), non riesce e nell'estate 1976 il presidente Farina decide di svecchiare la squadra, anche perchè il bilancio piange. Fabbri, appena retrocesso in C col Piacenza, sembra un allenatore di transizione, e così la squadra, allestita con tante cessioni e solo tre acquisti: Salvi, Cerilli e il giovane Rossi. Salvi ha già 31 anni, e sembra a fine carriera; Cerilli, che da giovane molto prometteva, è stato bocciato malamente all'Inter. Quanto a Paolo Rossi, ha 20 anni, di lui si dice un gran bene come ala, ma si è già giocato tre menischi e la Juve, forse dandolo per perso, lo ha rifilato al Como, dove non ha fatto granchè.
La squadra è impostata per un classico 4-4-2, ma c'è un problema: il vecchio bomber Sandro Vitali vuole un aumento ed è in vertenza con la società, che con lui fa la voce grossa e mentre la squadra è in ritiro a Rovereto gli impone di abitare a Vicenza: se proprio vuoi guadagnare di più, lo fai riducendo le spese. Il centravanti non ne vuole sapere di lasciare la sua casa in Emilia, e di fronte all'ultimatum fa le valigie e annuncia l'addio al Vicenza e al calcio professionistico. Giocherà qualche partita nella Centese, e a Cento troverà anche la morte in un incidente d'auto, ma questa è un'altra storia.
La nostra dice invece che il buon GB, a pochi giorni dal via del campionato, si ritrova con un solo attaccante di ruolo, Vincenzi, peraltro non un centravanti puro, con un'ala di 20 anni senza menischi e tanti centrocampisti offensivi.
Rossi esulta dopo un gol all'Avellino
Qui arriva la grande intuizione: come ala, Rossi non lo fa impazzire, ma la rapidità nel breve, la vocazione al dribbling e soprattutto i riflessi straordinari del ragazzo impressionano il mister, che gli crea attorno una squadra su misura. Vincerà il campionato di B, e poi farà sfracelli anche in Serie A, col secondo posto finale, con Rossi capocannoniere con 24 gol in 30 partite, e col miglior gioco fra le 16 della massima serie.
Ma come giocava, quel Vicenza?
In porta, Fabbri si affida a Ernesto Galli, uno degli ultimi portieri a parare senza guanti. In difesa, Lelj è un solido terzino capace di disimpegnarsi anche al centro, mentre Marangon ha caratteristiche da fluidificante. La coppia centrale mescola le doti di istinto, palleggio e visione di gioco di Carrera, che è il libero, e l'elevazione di Prestanti. 
A centrocampo, Guidetti tiene insieme il gioco sul centrosinistra, non disdegnando di dare sfoggio alla sua bravura nel tiro da lontano, mentre Faloppa, giocatore di grande personalità e dinamismo, lo affianca in interdizione. Il collante fra l'azione difensiva e quella offensiva è proprio Salvi, che ormai copre un settore di campo ridotto, ma sa far correre la palla, mentre Cerilli, con il suo brio e la sua tecnica vivacizza il fronte, e il piccolo gigante Filippi (163 cm, baffoni e criniera da Harley Davidson) parte da tornante, ma diventa uomo ovunque. In mezzo, unico padrone dell'area di rigore, è Rossi, col suo tempismo e il suo innato fiuto del gol. Il "credo" della squadra è che tutti devono partecipare alla manovra. Persino il libero Carrera spesso 'sale' davanti ai marcatori per essere il primo a impostare la manovra. I concetti principali di gioco sono due: si passa corto per vie centrali e si lancia lungo sulla fascia, e il pallone va passato sempre ad un uomo già in movimento. Saranno semplici, ma li usano ancora oggi.
Il neopromosso Vicenza arriva secondo, e va in UEFA. Ma c'è un problema: arriva il calciomercato e per tenere Rossi, che nel frattempo è esploso anche in Nazionale in Argentina, si deve andare alle buste con la Juve che ne detiene l'altra metà. Si dice che la sera prima del termine per consegnare le offerte a casa di Giussy Farina suoni il telefono, e un anonimo informatore gli sussurri: "La Juve scriverà 2 miliardi e mezzo. Scrivi 2 miliardi e 600 milioni e lo porti a casa con 100 milioni di esborso". Un amico, che magari non ama tanto la Juve e sarebbe contento se i bianconeri perdessero il giocatore? O un uomo di Boniperti? Farina gli dà retta. E nella busta scrive: 2 miliardi, 612 milioni, 510mila lire. Si apre la busta. Su quella della Juve si legge 875 milioni. Rossi è del Vicenza, ma Farina è rovinato: alla Juve deve 1 miliardo e 737 milioni.
L'unico modo per metterli insieme è cedere Lelj (Fiorentina) e soprattutto Filippi (Napoli). Fabbri mette tutti in guardia: "rischiamo". Ma nessuno lo ascolta, e quando alla prima gara di coppa Uefa lo stopper del Dukla Praga Macela (nomen omen) mette fuori uso Rossi per un mese e mezzo, si capisce che sarà una brutta annata. Il Vicenza stenta, all'ottava è ultimo in classifica, poi rientra Rossi, la squadra si riprende e a 6 giornate dalla fine ha 6 punti sulla terzultima. Ma imprevedibilmente crolla: quattro sconfitte consecutive, poi il ko di Bergamo all'ultima giornata, ed è la fine del Real Vicenza. Ma con una sola punta, ai tempi in cui tutti ne usavano tre, GB Fabbri aveva scritto un pezzo di storia: con l'unica palese differenza del libero, di cui nessuno in Italia faceva a meno, il suo modulo è ancora perfettamente attuale, un quarto di secolo dopo.

Il Vicenza di Fabbri. Forse il primo esempio di 4-2-3-1 (col libero...)


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