giovedì 23 gennaio 2014

"Honest" John Lewis: un arbitro da leggenda

John Lewis (a sinistra) al sorteggio del campo della finale olimpica 1920
"Per quanto mi riguarda, non provo rammarico nè risentimento alle lamentele o agli urlacci della folla nei confronti di una mia decisione con cui, evidentemente, non sono d'accordo. L'arbitro deve sempre ricordarsi che il calcio è un gioco che scalda il sangue di giocatori e spettatori nello stesso modo: ma i giocatori si sfogano in campo. Se il pubblico non avesse la possibilità di sfogarsi facendo mostra anche sguaiata della sua gioia o della sua rabbia, a seconda dei casi, le grandi folle che ora vediamo alle partite sparirebbero rapidamente"
Queste parole, che forse qualche responsabile della nostra legislazione sportiva e degli stadi dovrebbe leggere, sono state scritte oltre un secolo fa. Eppure sono ancora molto attuali, e forse la cosa più stupefacente è che le ha scritte un arbitro, John Lewis (Market Drayton, Shropshire, 30 Marzo 1855 – 13 Gennaio 1926), nel suo libro "The Much Abused Referee" (Il tanto vituperato arbitro).
Forse una delle figure più leggendarie e allo stesso tempo più misconosciute della storia del calcio, Lewis dedicò al gioco l'intera vita: per oltre 50 anni fu sui campi, come giocatore, arbitro e quindi, negli ultimi anni di vita, come dirigente federale (fu vicepresidente sia della Football Association che della Football League).
la sua carriera inizia nel 1874 al Darwen, ma la "sua" squadra sarà per sempre il Blackburn Rovers, di cui fu tra i fondatori, al St Leger Hotel di Blackburn in quello storico 5 novembre 1875. Ovviamente giocò negli undici titolari anche nella prima partita ufficiale della storia dei Rovers, l'11 dicembre 1875.
Il primo Blackburn Rovers (1875). Lewis è al centro della prima fila, in posa marziale

Nel 1878 fu attivamente coinvolto nella fondazione della Lancashire FA; continuò a giocare fino oltre i trent'anni, ma la parte di carriera per cui è conosciuto è quella di arbitro. "The Prince of Referees", così è tuttora conosciuto in Inghilterra, e nella sua attività di direttore di gara ci ha lasciato tanti aneddoti interessanti.
Era un puritano, e la sua fama di inflessibile onestà sul campo lo portò spesso a confronti verbali con club, giocatori e anche spettatori, a cui non aveva problemi a spiegare le proprie decisioni. Naturalmente partendo dal presupposto che aveva ragione lui.
Più volte abbandonò il campo a seguito di intemperanze di giocatori, sospese incontri in cui fra il pubblico c'erano accenni di rissa, e in almeno un paio di occasioni, nonostante l'aplomb che consegnerà anni dopo al nero su bianco del suo libro, non disdegnò di scavalcare le transenne e risolvere "da vero uomo" un contenzioso con qualche tifoso troppo acceso.
In generale però in Inghilterra era molto amato. Il soprannome di "Honest John" se lo guadagnò sul campo, devolvendo ogni singolo penny da lui incassato come arbitro in opere di beneficenza. In caso di partite benefiche, era capace di attraversare tutta l'Isola per essere presente e arbitrare.
Diresse le finali di FA Cup nel 1895, 1897 e 1898; veniva spesso chiamato a dirigere gare sul continente, in caso di confronti particolarmente delicati, e arbitrò, a quanto pare benissimo, la finale olimpica del 1908. 
Certo, qualche volta anche lui soffriva un po' di protagonismo: nel replay della finale di FA Cup del 1898, per esempio, il Southampton stava conducendo di misura sul Nottingham Forest a 10' dalla fine, quando, a causa dello scatenarsi di forti raffiche di vento gelido, mister Lewis decise di sospendere la partita, sperando in un miglioramento. La bufera invece peggiorò, ma a quel punto, convinto che ripetere ancora la gara avrebbe svantaggiato il Southampton, fece tornare in campo le squadre. Il Forest segnò due gol negli ultimi dieci minuti, aiutato proprio dalle forti raffiche. E i Saints produssero in Federazione il primo reclamo scritto della storia del calcio. Invano, naturalmente.
La sua carriera internazionale finì purtroppo ingloriosamente, e forse un po' troppo tardi. Infatti, nel 1920, alla bella età di 72 anni(!) fu chiamato ad arbitrare la finale delle Olimpiadi fra Belgio e Cecoslovacchia. Non fu una grande giornata: sempre lontano dall'azione, concesse al Belgio un rigore molto dubbio al 6° minuto, e quindi alla mezzora convalidò un gol dei belgi con la palla che, molto probabilmente, non aveva varcato la linea di porta. Quando al 39° decise di espellere per proteste il terzino sinistro della Cecoslovacchia Steiner, i cechi abbandonarono il campo. Con una certa intelligenza, una settimana dopo il "Principe degli arbitri" decise di dedicarsi unicamente alla carriera, già iniziata, di dirigente federale.
Morì 6 anni dopo. La sua tomba, nel cimitero di Blackburn, è stata interamente restaurata e resa monumentale il 21 aprile 2008, a spese dei Blackburn Rovers.

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