domenica 27 gennaio 2013

Giornata della Memoria - La leggenda dello Start

Ucraina, primavera 1942. Dal 19 settembre dell'anno prima, Kiev è occupata dalle truppe naziste; i tedeschi sono padroni duri, la popolazione patisce l'occupazione e gli stenti che si porta appresso. Ma c'è chi, con scaltrezza e savoir faire, è riuscito a minimizzare i propri problemi: come il fornaio Josif Kordik. Questo signore sulla cinquantina, ucraino ma di origine tedesca, i nazisti proprio non li poteva vedere, ma giocando sulla provenienza della sua famiglia, sul fatto che il suo lavoro era utile agli occupanti e su una certa simpatia, è riuscito a ottenere un trattamento di favore: i nazisti gli hanno lasciato la sua panetteria e addirittura affidato il compito di rifornire il comando cittadino.
Un giorno, passeggiando mentre va al lavoro, il cittadino Kordik trasale: davanti a lui, smagrito e vestito di stracci, ma ben riconoscibile, c'è uno dei suoi idoli, Nikolaj Trusevich. Prima della guerra Trusevich era il portiere della Dinamo Kiev: un grande portiere. Kordik decide di aiutarlo e gli offre un lavoro nella sua panetteria, e via via che passa il tempo nel suo cervello si fa strada un'idea un po' pazza: ritrovare tutti i giocatori di quella Dinamo e assumerli, per salvarli dagli stenti e dalle sofferenze dell'occupazione.
Con l'aiuto di Trusevich, Kordik ne ritrova un bel po': nel giro di un paio di mesi ne assume altri 7, e per completare l'opera, dà lavoro anche a tre ex della Lokomotiv Kiev. Ora sono in undici, e allora tanto vale riformare la squadra. Anzi, formarla ex novo, perchè i nazisti hanno sciolto d'autorità tutte le squadre del vecchio campionato. Nasce l'FC Start. Colori sociali? Nemmeno a dirlo: maglia, pantaloncini e calzettoni rossi.
Agli inizi di luglio 1942, lo Start si iscrive al campionato di guerra che i tedeschi hanno creato per dare una parvenza di normalità alla città. Le squadre al via sono sei: due sono di soldati tedeschi, due delle truppe alleate dei nazisti, per la precisione una di romeni e una di ungheresi. La quinta, che si chiama Rukh, è la squadra dei collaborazionisti ucraini.
Lo Start parte abbastanza sottotraccia: i suoi componenti infatti sono denutriti, smagriti ed emaciati. Però sono tutti ex professionisti: possono anche stare fermi, tanto corre la palla, e quella non suda, e soprattutto a sostenerli c'è l'affetto di tutta la gente di Kiev. Il campionato comincia, e c'è subito la sfida inaugurale, contro i collaborazionisti della Rukh, tutti satolli, lindi e ben vestiti. Ma non basta l'alimentazione a fare un calciatore: vincono le camicie rosse, 7-2, e - orrore - qualcuno degli spettatori si accorge che quei fornai sono forti, ma soprattutto sono tutti dei maledetti comunisti, che non nascondono la loro avversione verso gli invasori, salutando a pugno alzato dopo ogni rete.
Il successo dello Start non è una bella propaganda: l'allenatore della Rukh protesta in alto loco e ottiene che i fornai giochino le prossime gare non nello stadio più grande di Kiev, ma su un campo periferico: se devono vincere, vincano, ma senza dare nell'occhio.
Ed è quello che fanno: la seconda partita è un 11-0 alla squadra dei romeni.
Il campionato prosegue, e si vede subito che sarà un affare a due, fra lo Start e i tedeschi del Flakelf, che sono niente altro che la squadra di calcio della Luftwaffe. In effetti, si arriva all'ultima partita con le due squadre pari punti. La propaganda presenta i nazi come invincibili, e dall'alto agli avieri arriva un ordine perentorio: vincere, e farla finita col mito dello Start, che sta diventando un simbolo della resistenza. Il 6 agosto 1942 lo scontro fra titani va in scena. Ed è una passeggiata per gli ucraini: Trusevich, Sviridovskiy, Korotkikh; Klimenko, Tyutchev, Putistin; Kuzmenko, Balakhin, Goncharenko, Sukharev e Melnik. Questi gli undici che impartiscono ai crucchi una lezione memorabile: 5-1. Il campionato è vinto, meritatamente.
Ma l'indomani in città compaiono migliaia di manifestini, che annunciano che la domenica seguente, il 9 agosto, si giocherà la partita di ritorno.
Nemmeno la rivincita: il ritorno. I tedeschi non ci stanno a perdere. D'altra parte, sono i dominatori. Ma lo Start non si tira indietro: anzi, accetta la sfida. E la città si mobilita: la gente porta ai giocatori cibo, scarpe nuove, persino nuove divise, rosse, ovviamente.
Ma la partita del 9 agosto non è una partita: è una guerra. Lo Start lo capisce già negli spogliatoi, quando riceve, prima del calcio d'inizio, la visita di un ufficiale SS, che raccomanda di effettuare regolarmente il saluto nazista all'ingresso in campo, e poi di essere accomodanti nei confronti della Flakelf.
Gli ucraini fanno cenno di sì. E scendono in campo, rispondendo al saluto tedesco non con "Heil Hitler" ma con "Fitzcult Hurrà", "Viva lo sport".
La partita inizia. I tedeschi sono ben preparati, fisicamente superiori e picchiano come fabbri. Forse anche perchè l'arbitro (tedesco pure lui) ha uno strano modo di vedere il regolamento. E quando passano in vantaggio, con un gol segnato con un fuorigioco grande come la pianura di Pomerania, sembra fatta.
Sembra. Perchè lo Start reagisce: in venti minuti segna tre volte, la prima con una botta da fuori di Kuzmenko, quindi con una doppietta di Goncharenko. 3-1, e tutti negli spogliatoi, con la folla in delirio.
Negli spogliatoi, gli ucraini ricevono un'altra visita: l'ufficiale SS stavolta è più esplicito: o perderanno la partita, o le conseguenze saranno terribili. Il rischio è la fucilazione.
Ma le minacce non piegano lo Start. Al rientro in campo la squadra è scossa, e i tedeschi tornano sul 3-3, ma poi gli ucraini ripartono e segnano altre due volte. Ma l'episodio che chiude la partita è per i tedeschi più umiliante che un gol segnato: Klimenko, sul 5-3, prende palla nella sua metà campo, parte palla al piede, salta cinque uomini portiere compreso, accompagna la palla verso la rete e quindi, arrivato sulla riga, si gira e la calcia verso il centrocampo, senza segnare. Poi alza il pugno sinistro. La folla va in delirio: lo Start è campione.
I nazisti non si vendicano, non subito. I fornai il giorno 16 giocano ancora una volta, dando la rivincita alla Rukh e asfaltandola 8-0. Poi, però, la festa finisce: un ufficiale della Gestapo si presenta al forno con la lista dei giocatori e arresta tutti i presenti. Sono 8 e vengono tutti deportati nel campo di Siretz, guidato dal boia Paul Von Radomski.
Per tanti è il sipario: il portiere Trusevich, l'autore del gol del pari, Kuzmenko, e capitan Klimenko, l'artefice della beffa finale, non torneranno più a casa. Goncharenko, Tyutchev e Sviridovsky riusciranno a fuggire grazie all'arrivo dell'Armata Rossa; degli altri cinque elementi dello Start non si saprà più nulla: dispersi.
Nel dopoguerra, fra l'altro, per la paura di essere accusati di collaborazionismo per aver partecipato al torneo di guerra organizzato dai tedeschi, i tre reduci non racconteranno nulla della loro esperienza. Solo dopo la morte di Stalin Goncharenko romperà il silenzio, e regalerà alla storia del calcio la leggenda dello Start.
Lo stadio "Zenit" di Kiev, dal 1981, si chiama, per ricordare gli eroi del 1942, "Start Stadium": nel giorno della memoria è giusto ricordare che la Resistenza può essere anche dare calci a un pallone

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