mercoledì 21 dicembre 2011

Ian Rush: solo Pescara come la sua Liverpool

Trent'anni prima l'unico gallese che lo aveva preceduto, aveva regalato spettacolo. John Charles, "il gigante buono", aveva regalato spettacolo, e adesso, dalla sua Swansea, assicurava: «Io ero forte, ma lui è più bravo di me. Lo dicono i numeri». Numeri importanti, per un centravanti: a fine carriera i suoi gol segnati col Liverpool saranno 346 in 658 partite. Peccato che in Italia Ian Rush (Saint Asaph, 20 ottobre 1961) non sia riuscito a confermare la sua classe, che, oggettivamente, pareva cristallina. Prenotato già da un anno e mezzo dalla squadra bianconera, battendo la concorrenza dei maggiori club europei, Rush nelle intenzioni di Boniperti e del ds Pietro Giuliano dovrebbe fare da braccio armato al cervello di Platini. Peccato che nel frattempo il francese, precocemente e inaspettatamente, decida di smettere a soli 32 anni. Così il gallese arriva in Italia catapultato in una Juve tutta da rifondare. E dire che per trasferirsi a Torino aveva dovuto convincere le resistenze della fidanzata Tracey, legatissima a Liverpool (avessi detto Parigi) e i rilanci dei "Reds", che non volevano assolutamente farlo andare via. Rush dice sì con un anno di anticipo, l'1 giugno 1986: tre anni di contratto, dal giugno 1987 al maggio 1990, 550 milioni di lire lordi di ingaggio, più i premi. Il 25 aprile 1987, al termine del suo ultimo derby in rosso, il pubblico di Anfield Road lo applaude in deliquio: con 20 gol nelle stracittadine ha battuto il record storico di "Dixie" Dean. Dalle tribune gli lanciano mazzi di fiori, un paio di streaker (donne) si spogliano davanti a lui e gli gridano «Ian, don't leave me alone».
Fisicamente snello, Rush è un classico uomo d'area. Il viso vagamente volpino, con baffi caratteristici a far da cornice al nasone, è una bella espressione fisiognomica del suo fiuto del gol: è un centravanti scaltro, dalla buona tecnica, dotato di grande rapidità di esecuzione e ottimo gioco di testa. Andrebbe sostenuto con molti cross dal fondo, ma la Juve di Marchesi sul fondo non ci arriva praticamente mai.
Oltre a Platini, sono andati via Briaschi, Manfredonia e Serena. Sono arrivati Alessio, Bruno, De Agostini e Magrin: con tutto il rispetto, altra cosa. Rush fatica ad ambientarsi. Fa vedere la sua classe in rari sprazzi, ironicamente quasi tutti concentrati contro il Pescara: nell'andata in campionato ai biancazzurri rifila due gol, nel match di Coppa Italia uno, nella gara di ritorno allo stadio "Adriatico" insacca una quaterna. Vallo a spiegare ai pescaresi che non segna più. Di contorno, decine di pali, ritardi agli allenamenti che certificano la sua difficoltà a integrarsi, qualche scappata al pub («Ma ogni volta che andavo, dopo me ne pentivo: la birra a Torino non era buona», si lamenterà anni dopo). Il suo italiano è essenziale e buffo, quasi caricaturale.
Michel Platini, non potendo più passargli il pallone, cerca almeno di soccorrerlo con la dialettica: «Capisco Rush: ambientarsi in Italia è stata dura anche per me. Io spiegai le mie difficoltà con la pubalgia. Se lui non ce l'ha, se la faccia venire». Lui alterna giornate abuliche a lampi di classe. Segna il rigore decisivo che nello spareggio per la Uefa consente alla Juve di battere il Torino, e la società pensa di concedergli una gara d'appello.
Ma quando a fine luglio la Juve si ritrova in Svizzera, nel suo ritiro verde e fresco di Buochs, Rush non arriva: è rimasto a Flynt, in Galles, colpito da varicella. Il dottor Bosio, medico sociale, parte per la Gran Bretagna, e constata che la varicella c'è davvero, ma c'è soprattutto una grande nostalgia di casa. Rush, quasi in lacrime, lo supplica di chiedere alla Juventus di lasciarlo tornare al Liverpool: in due giorni l'accordo si trova.
Nella sua ultima intervista rilasciata alla Rai nel suo buffo italiano, la volpe di Anfield regala la perla più bella: «Juventus era un sogno, ma realtà brutta. Trasferire da Galles ad Italia è come trasferire in un paese straniero». La Gialappa's ringrazia e lo ricorderà per sempre. Lascia l'Italia con 40 presenze e 13 gol (7 al Pescara), e torna alla sua uggiosa Liverpool. Dove ancora oggi, in zona Anfield, su un muro vicino allo stadio si legge: "God saves, but Rush scores": Dio salva, ma Rush ribadisce in gol. Forse di lui non abbiamo visto tutto.

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