mercoledì 22 aprile 2015

Alla lavagna: Un pari 'anni 70'. E non è un complimento

Da dove cominciare l'analisi di Monaco-Juve? Direi da un elenco: Carrarese, in C1 (30 presenze, 1 gol), Empoli in A e B (102, 2), Palermo in A (2, 1), Samp in A (13,0), Bologna in A (31, 1), Bari in B (31, 0), ancora Bologna in A (31, 0). Sono le squadre in cui ha giocato Andrea Raggi (La Spezia, 24 giugno 1984), difensore italiano dell'undici del Principato, dove milita da tre stagioni, con 86 presenze e 5 gol complessivi. Non voglio parlar male di Raggi, ma parto da lui perché, avendolo visto all'opera per tanti anni (dal 2004 al 2011) nella nostra serie A, è giocatore che possiamo valutare con parametri rapportabili al nostro calcio. E non si tratta di un campione, ma di un onesto giocatore da medio-bassa serie A.
Contro una formazione che sia all'andata che al ritorno ha schierato Raggi come centrale difensivo titolare, la Juventus ha segnato un gol in 180', per di più su un rigore che non c'era. E tanto è bastato per andare avanti. E tanto basta, per inquadrare la prestazione complessiva dei bianconeri sul doppio confronto: modesta. Per fortuna, contro un avversario che era più o meno di pari valore.
Amdrea Raggi, da tre stagioni al Monaco
Uno a zero in casa, come detto su rigore, zero a zero in trasferta dopo novanta minuti schiacciati nella propria metà campo. 
A ben vedere potrebbe benissimo essere un classico svolgimento da partita anni Settanta, di quelle contro una Dinamo Tbilisi o contro una Universitatea Craiova, dove gli avversari sembravano sempre correre il doppio di noi, sempre più veloce di noi, ed ogni volta che la palla usciva in fallo laterale diventava un'occasione buona per guadagnare trenta secondi. Come al Luis II, questa sera.
Chi mi conosce sa che non ho nulla nè contro il calcio Anni Settanta, nè contro certi pareggi, ottenuti spesso col sudore della fronte. Il fatto è che da allora i tempi e il calcio sono un po' cambiati... e soprattutto che una partita di tale sofferenza contro una squadra che non definirei modesta, ma tristemente spuntata, questo sì.

La partita
Mister Jardim, che non è uno sprovveduto, sa bene che le sue punte non sono proprio dei cecchini e quindi, forte del vecchio detto che il numero è potenza, piazza una linea offensiva parecchio folta. Sulla carta è un 4-2-3-1, con Martial vertice, Joao Moutinho alle sue spalle, Ferreira Carrasco e Bernardo Silva sugli esterni, con però compiti differenti: infatti Ferreira Carrasco, partendo da sinistra, agisce da seconda punta (accentrandosi regolarmente e venendo fermato, con altrettanta regolarità, da Barzagli), mentre Silva, sull'estrema destra, ha compiti di ala classica, gioca larghissimo, e nè Chiellini nè Evra, nel primo tempo, riescono mai a fermarlo. I tre giocano tutti decisamente alti, obbligando Lichtsteiner ed Evra a fare i terzini, e poichè anche Joao Moutinho è quasi sulla stessa linea, trovando posizione cinque metri più indietro, il Monaco affronta i primi 45' con qualcosa che assomiglia molto a un 4-2-4. Ma oltre al presidio dell'area juventina, la mossa ha un altro scopo: fare densità negli ultimi metri per riconquistare palla già ai sedici metri.
L'idea è buona e riesce perfettamente, anche perché la Juventus è in una serata da dimenticare quanto a condizione atletica complessiva (ne parliamo fra poco) e quindi butta via moltissimi palloni. Purtroppo per i monegaschi, però, nelle loro fila non c'è lo stoccatore che potrebbe tradurre queste palle recuperate  a pochi metri dall'area in moneta sonante, cioè in gol.
La partita si svolge quasi per intero su questa falsariga, con la Juventus arroccata a difesa della propria area, che in qualche modo si salva sempre, per imprecisione degli avversari, per bravura dei suoi difensori, per effetto talvolta di salvataggi concitati. Non è un caso che, nel computo dei tiri, che riportiamo sotto, il Monaco sia in vantaggio netto nei tiri totali, ma la Juve sia la squadra a tirare con più pericolosità; 2 tiri nello specchio (fra cui un palo) contro uno solo dei rivali.
Detto questo, in casa bianconera, la fase di costruzione è un disastro... 

 
Sopra, i tiri totali /in rosso, nello specchio, in blu i pali, in arancio
i tiri fuori, in giallo quelli rimpallati); sotto, i 'tiri utili', cioè quelli che
hanno effettivamente raggiunto lo specchio della porta. Il Monaco ha
Tirato una sola volta, da fuori area, con Kondogbia nel primo tempo


Condizione psicofisica
Allegri ha probabilmente pensato di aspettare il Monaco sulla propria trequarti e mettere quindi in movimento Tevez e Morata, o magari gli esterni, grazie agli illuminanti lanci di Pirlo o Bonucci. Peccato che la Juve non riesca mai a mettere in pratica il piano, per una serie di motivi. Tanto per cominciare, Bonucci è impossibilitato a dare manforte al centrocampo: ha già fin troppo da fare per tenere in piedi la baracca in difesa. Pirlo, invece, non è al 100%, ma soprattutto non ha intorno quel movimento che gli permette di scegliere fra più opzioni e diventare micidiale. Quasi sempre è obbligato a smistare in orizzontale, e quando lancia, spesso i palloni si perdono nel vuoto. Al suo fianco, vivace Marchisio, decisamente meno Vidal, debilitato dalla tonsillite. Problemi li hanno anche Tevez e Morata, che in effetti giocano alla metà del loro ritmo abituale. Ma gli altri? La Juve sembra ferma, più volte deve ricorrere a perdite di tempo, falli di mano e altre gherminelle per fermare le ripartenze avversarie, e può anche ringraziare che l'arbitro abbia optato da subito per un metro di valutazione equo, ma decisamente permissivo.
Appare chiaro che l'alibi di non essere al 100% a causa di infortuni, malattie debilitanti appena superate o problematiche personali più o meno gravi, non basta per spiegare una prestazione tanto negativa da parte di tutti i bianconeri. Il problema può essere solo di due tipi: prettamente fisico, e vorrebbe dire che la divisione dei carichi di lavoro è stata clamorosamente sbagliata, oppure mentale, con la squadra che si sarebbe 'seduta' a fronte di un avversario che non viene annoverato nella 'crema' europea.

Gli scenari
Uno sguardo agli scenari futuri: mentre al Luis II si decideva chi mandare avanti fra Juve e Monaco, prendiamo atto che nel frattempo hanno lasciato la Champions' sia il Paris Saint Germain, sia l'Atletico Madrid, e che probabilmente erano entrambe più forti dei bianconeri. La verità è che la Juve, agguantando la semifinale, è andata probabilmente già oltre quelli che potevano essere i suoi limiti tecnico-agonistici. A questo punto non resta che attendere il sorteggio consci che la Vecchia Signora partirà sfavorita sia contro il Real, sia contro il Barcellona sia contro il Bayern. Essere eliminati da questo tipo di avversari, se dovesse capitare, non sarà un passo indietro. A patto, si intende, di far vedere qualcosa, e di non uscire umiliati. Temo ci vorrà una Juve ben diversa da quella del Luis II.


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