martedì 18 marzo 2014

Destinacao Brazil - 1958: la radio di Garrincha

Era un giorno di fine maggio, ma faceva freddo. Può capitare, a Stoccolma, anche se a dire il vero, da quelle parti l'ultima settimana di maggio è considerata in assoluto quella col clima migliore.
Evidentemente quella volta la natura aveva deciso di fare un'eccezione: mentre la nazionale brasiliana scendeva le scale del suo aereo, il cielo era grigio, e la natura intorno ricordava più il mese di marzo che l'estate che stava per arrivare. Un brutto choc per chi ha ancora sulle gambe il dolce tepore della sabbia di Copacabana. Ma ci sarebbe stato tempo per ambientarsi, visto che all'inizio del mondiale svedese mancavano una decina di giorni. Ora, il fatto è che in dieci giorni si possono fare tante cose, e Vicente Feola, allenatore della nazionale, era un brasiliano anomalo, perchè non lasciava nulla al caso. In questo non era nè napoletano, nè brasiliano: era preciso come un tedesco. E prima di volare in Svezia aveva  chiesto e ottenuto dalla federazione di potersi portare appresso, forse per la prima volta nella storia del calcio, uno psicologo al seguito, non volendo lasciare nulla di intentato per cercare di conquistare quella Coppa Rimet che fino a quel momento aveva lasciato al suo Brasile solo l'amaro in bocca. E allora, un po' per ingannare il tempo, un po' per scrupolo, il primo giorno di ritiro chiese al dottor Hilton un profilo psicologico dei suoi ragazzi. Tutti più o meno bene. Eccetto uno. Il profilo abbinato al giocatore numero 7 diceva più o meno: "Riscontrato lo sviluppo mentale di un bambino di quattro anni. Fisico esuberante, accompagnato da incostanza psichica. Un caso disastroso, ma è anche un uomo sempre felice. Tenerlo in squadra darà benefici". Il numero 7 era Manoel Francisco dos Santos. Detto Garrincha (Pau Grande, 28 ottobre 1933 – Rio de Janeiro, 20 gennaio 1983).
Esagerazioni? Forse. Nel senso che probabilmente attribuirgli un'età mentale di quattro anni sarà stato anche esagerato, ma Garrincha un po' tonto lo era veramente. Se ne era accorto anche Mario Amerìco, lo storico massaggiatore della nazionale brasiliana (forse lo ricorderete, una specie di Mastro Lindo color ebano, che fu parte integrante di tutte le foto della Selecao fino ai Mondiali 1974), che alla prima occasione decise di approfittarsene personalmente. Un giorno, mentre diversi giocatori auriverdes erano riuniti a chiacchierare nel salone dell'albergo che li ospitava, arrivò Garrincha. Era appena stato in città, e cominciò a vantarsi coi compagni di squadra del suo ultimo acquisto: una bellissima radio a transistor portatile, modernissima e anche molto costosa: confessò di averla pagata oltre 100 dollari. 
Tutti si congratulano con la grande ala destra, eccetto lui, Mario Amerìco. Che quando i due si ritrovano in sala massaggi quasi lo rimprovera: "Guarda che ti hanno fregato". "Come?" "Hai fatto un pessimo affare. Ma cosa te ne fai di quella radio, che trasmette solo roba in svedese?". Garrincha ci pensa un attimo e accende la radio. Prova e riprova con la sintonia, e constata che effettivamente tutte le radio che può captare parlano una lingua per lui incomprensibile.
Comincia allora a maledire il venditore e alla fine si lascia convincere a regalare l'apparecchio al massaggiatore, in cambio di una solenne promessa: "Non dire mai a nessuno che il rande Manè ha pagato più di 100 dollari per questa roba. Che vergogna".  


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