mercoledì 11 settembre 2013

Cantarutti, il gol e la guerriglia

Un arbitro tratto in salvo dallo spogliatoio solo grazie ai lacrimogeni e poi invitato alle dimissioni, una gloria del calcio nazionale insultata da un funzionario di pubblica sicurezza e costretta a scappare a gambe levate, due fermi di polizia, un esposto contro l'arbitro, scene di guerriglia sul campo, dentro e fuori dallo stadio.
Sembrano scene da campionato boliviano (con tutto il rispetto, s'intende, per quell'angolo di mondo), e invece sono successe a casa nostra, una trentina di anni fa. Ma soprattutto, a causarle è stato un gol di Aldo Cantarutti (Manzano (UD), 17 gennaio 1958).
Capita tutto al "Cibali" di Catania, nel febbraio 1984. Per di più, in una partita che non conta granchè: i rossazzurri, promossi dalla serie B l'estate prima dopo spareggio a tre con Como e Cremonese, e guidati dal presidente Salvatore Massimino (quello, per intenderci, che voleva comprare l'amalgama...) sono già chiaramente destinati a tornare da dove sono venuti. Dopo un inizio promettente, il loro campionato è diventato un calvario fatto di sole sconfitte, che nemmeno la sostituzione di mister Di Marzio con G.B.Fabbri ha potuto arrestare. Il problema è che la squadra non è di categoria: i brasiliani Luvanor e Pedrinho stanno deludendo e solo tre o quattro elementi sembrano reggere l'impatto con la massima serie, il portiere Sorrentino, l'anziano libero Ranieri (sì, quel Ranieri), e le due punte, Andrea Carnevale e, per l'appunto, Aldo Cantarutti.
Proprio Cantarutti è stato l'eroe della promozione, l'anno prima, e in fondo, i suoi gol li ha sempre fatti. Non è un caso, se ci pensate bene, che siano attribuiti a lui, nel famoso film "Al Bar dello Sport" i due (fittizi) gol che valgono al Catania la (fittizia) vittoria sulla Juventus che rende milionario il protagonista Lino Banfi.
Ma bando alle citazioni dotte: centravanti dal fisico possente (187cm, 83kg, negli anni Ottanta erano tanti), era una ex speranza del calcio italiano. Aveva giocato da titolare, al fianco di Galli, Beppe Baresi e Di Gennaro, i Mondiali U20 del 1977, ed era passato anche per la Under 21 di Vicini. Nella piena maturità, qualche anno dopo con l'Atalanta, avrebbe raggiunto anche una buona dimensione in serie A.
Quando però il suo Catania affronta il Milan, il Milan di Castagner, di Icardi e Luther Blissett, per capirci, Cantarutti è un centravanti in astinenza, e il Catania una squadra rassegnata. Tanto che, quando al 4° Carotti infila Sorrentino dalla corta distanza sfruttando una sponda di 'flipper' Damiani, a tutti sembra la solita storia.
Invece no, perchè stavolta il Catania non ci sta, e si getta avanti. Carnevale potrebbe pareggiare, ma sbaglia clamorosamente da un metro, ma al 38° ci pensa Bilardi a ribadire in rete di testa una respinta di Piotti su conclusione di Cantarutti.
Nella ripresa è solo Catania fino all'episodio incriminato: siamo all'82° e su un pallone che si alza a candela in area, Cantarutti fa valere la mole: si appoggia su Franz Baresi, stoppa di petto, palleggia due volte, alza la palla e coordina il suo corpaccione in rovesciata: gol incredibile, lo stadio esplode. Ma l'arbitro, Benedetti di Roma, protagonista di una direzione di gara mediocre, annulla, e francamente non si capisce perchè. 
Non si fanno queste cose a otto minuti dalla fine: mentre i giocatori protestano, due tifosi etnei dotati di iniziativa, che i verbali dei carabinieri tramandano come tali D'Arrigo di Gravina e Sorbera di Acicatena, entrano in campo e provano a raggiungere l'arbitro, inseguiti a distanza dai carabinieri. Il primo viene subito ripreso, il secondo arriva a contatto col direttore di gara, prova a sferrargli una testata, che Benedetti evita di un soffio, quindi viene sommerso dalle forze dell'ordine. Si perdono due minuti, poi si ricomincia, ma dagli spalti viene giù di tutto: si parte coi prodotti tipici (arance e limoni), si prosegue con monetine, pietre, pezzi di seggiolino (l'episodio, con annesso servizio sulla partita, lo potete vedere qui). Inevitabile il fuggi fuggi negli spogliatoi. In tribuna, il presidente del Milan, Gianni Rivera, viene contestato e costretto alla fuga da un facinoroso, che poi se la prende anche coi giornalisti. Grida: "Ci mandate sempre arbitri romani, questo è razzismo!". Risulterà essere il vicequestore di Catania, Sapienza.
Per portare via l'arbitro (e il Milan) dagli spogliatoi, servono due camionette di carabinieri e un lancio di lacrimogeni a disperdere la folla. Il "Cibali" sarà squalificato per quattro giornate, l'arbitro Benedetti rassegnerà le dimissioni dai quadri federali il giorno successivo, e sarà poi chiamato a giudizio dalla denuncia di una signora che lo accuserà di truffa e comportamento lesivo verso il Catania calcio: si chiama Grazia Codiglione ed è la compagna del presidente Massimino. Dio li fa, e poi li accoppia.
Nessuno, in compenso, restituirà più ad Aldo Cantarutti il suo gol in rovesciata, nè lui ne segnerà mai più uno uguale. Un gol che fece sollevare un'intera città.

Catania - Stadio "Cibali", 12 febbraio 1984 
Serie A, 19^ giornata. 
Catania-Milan 1-1  

Catania: Sorrentino, Chinellato, Pedrinho, Torrisi, Mosti, Ranieri, Morra, Luvanor, Cantarutti, Bilardi, A.Carnevale (77° Crialesi). All.: G.B.Fabbri 

Milan: Piotti, Gerets, Spinosi, Tassotti, F.Galli, F.Baresi, Damiani (66° Incocciati), Carotti, Blissett, Verza, Evani. All.: Castagner 

Arbitro: Benedetti di Roma

Reti: 4° Carotti (M), 38° Bilardi (C) 


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