martedì 3 settembre 2013

Marcos Aurelio e i pannelli del 'Maestro'

Il suo nome dall'apparenza carioca e il suo soprannome, "Pato", non devono ingannare. Marcos Aurelio (Buenos Aires, 1920) era infatti argentino fino al midollo. Cresciuto nella periferia della capitale, dove calcare la polvere dei campetti e prendere a calci una palla di stracci era, tutto sommato, abbastanza un privilegio, pare dovesse il proprio soprannome ad un particolare modo di proteggere la palla, ma era tutt'altro che goffo. Era, anzi, un attaccante fenomenale, grande interprete del ruolo di interno, in un'epoca nella quale in pratica il numero 8 e il numero 10 erano quasi due attaccanti di complemento.
Le cronache ce lo ricordano come un giocatore dotato di tre pregi molto evidenti: la grande resistenza fisica, che lo portava, fatto inusuale per un sudamericano, a correre incessantemente dal primo al novantesimo minuto; la facilità di dribbling (adorava, soprattutto, aspettare l'intervento dell'avversario per poi toccare la palla lateralmente verso l'esterno di pochi centimetri, quel tanto che bastava per mandarlo a vuoto come un toro nell'arena), e un senso dell'umorismo fra il serafico e il disincantato, che lo rendeva l'idolo dei compagni.
Dopo il debutto nei Chacharita Juniors, Marcos Aurelio passa nelle fila del Velez, dove si fa conoscere come uno dei più interessanti 'delanteros' argentini. Dopo una crescita progressiva, nel 1944, al culmine della fama, accetta l'offerta dei messicani del Leòn, e si trasferisce nel paese dei sombreri (insieme al compagno di squadra, il portiere Miguel Rugilo) per un contratto triennale. Diventa un beniamino della tifoseria, e dopo un paio d'anni di assestamento la squadra sembra pronta a puntare alla vittoria finale in campionato. e la stagione 1947-48 vede i verdi partire coi favori del pronostico, allenati da "El Maestro" Josè Maria Casullo.
Era un tecnico famoso in Messico, in particolare per lo stravagante metodo che utilizzava per comunicare le sue istruzioni ai giocatori durante la partita: non volendo sgolarsi per trasmettere indicazioni, aveva ideato un ingegnoso sistema, utilizzando pannelli di colore diverso: se alzandosi dalla panchina teneva in mano un cartellone azzurro, la squadra doveva attaccare; se il cartellone era verde, bisognava chiudersi in difesa, se era rosso, l'ordine era di mantenere il possesso di palla.
La squadra però tardava a digerirne gli schemi e incappò in avvio in alcune pesanti sconfitte, fra cui un rovinoso 0-4 contro l'Atlas Gold. La domenica successiva, per uno scherzo del calendario, la partita si rigiocò a campo invertito, ma il risultato non fu molto diverso: Casullo le provava tutte, passava dal rosso al verde, al blu, ma la squadra non faceva che subire gol. Finchè, dopo aver subito l'1-5, Marcos Aurelio si avvicinò alla panchina e chiamò a sè il tecnico per un suggerimento: "Maestro, se ha un pannello bianco lo alzi: almeno capiscono che ci arrendiamo".

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