sabato 24 marzo 2012

Il progetto sbilenco di Luis Enrique

Talvolta è davvero incredibile quanto possa essere facile farsi scudo delle parole. Ce n'è una, che quest'anno, a Roma, ha tenuto saldo su una panchina solitamente bollente uno dei peggiori tecnici che ci abbiano mai posato le terga. La parola è "progetto", il deretano è ovviamente quello di Luis Enrique  (Gijòn, 8 maggio 1970).
I progetti di solito vanno verificati con calcoli e cifre, e le cifre dicono che alla 29esima giornata 2010-11 la Roma aveva 49 punti (sesto posto). Oggi ne ha 44 (ancora sesto posto). Cinque punti in meno per una squadra che in estate ha speso fior di milioni per accaparrarsi il portiere della nazionale olandese (Stekelemburg), a coprire un ruolo effettivamente scoperto, il trequartista più promettente della nuova generazione argentina (Lamela), un centrocampista emergente fra i più quotati d'Europa (Pjanic), un difensore probabilmente sopravvalutato, ma all'epoca molto quotato (Kjaer), una punta centrale di peso, forse anch'essa sopravvalutata (Osvaldo) e un terzino offensivo che non conosce la parola ripiegamento (Josè Angel). Per buon peso sono stati presi (e questi nel rapporto qualità-prezzo li trovo acquisti azzeccatissimi) un altro centrale (Heinze, parametro zero), un attaccante probabilmente sopravvalutato, ma in estate molto quotato (Bojan, formula complicatissima ma di fatto un prestito al costo di appena 1 milione), e un giovane emergente che sta rendendo tantissimo (Borini, preso prima in prestito e ora in comproprietà). La squadra, nel complesso, è stata svecchiata e rafforzata, anche se ovviamente renderla coesa, darle un gioco coerente e impostare un nuovo modulo non poteva che richiedere tempo.
Il compito è stato affidato a un tecnico che non conosceva nulla né del calcio italiano, né dell'ambiente romanista, e che a parere di chi scrive è a tutt'oggi il maggior problema della Roma, lui e il suo "Progetto", in verità alquanto sbilenco.
Luis Enrique gioca un calcio esteticamente affascinante dalla propria trequarti fino alla trequarti avversaria, ma decisamente meno fashion nelle due parti rimanenti di campo che sono, purtroppo, le porzioni decisive nel gioco del calcio, le due aree di rigore. In fase offensiva, spesso, i troppi svolazzi ritardano la manovra e provocano frequenti fuorigioco quando, dopo minuti di "calcio orizzontale" finalmente qualcuno prova a verticalizzare. In fase difensiva, il concetto iniziale era più o meno: "I terzini? E a cosa servono?". Ecco dunque gli esterni difensivi avanzati in linea coi centrocampisti (e in alcuni casi, a testimonianza di come la scelta sia voluta, per estremizzare un concetto di gioco, non sono neanche esterni difensivi, ma centrocampisti tout-court, come Taddei e Rosi). Peccato che i due centrali tantissime volte restino uomo contro uomo, con conseguenze facilmente immaginabili.
C'è una statistica che secondo me certifica il fallimento di Luis Enrique come gestore della squadra: la Roma, coi soli risultati dei primi tempi, sarebbe prima in classifica. Invece è sesta. Questo vuol dire anzitutto che la squadra pratica un gioco dispendioso, il che di per sé non è un male (lo fa anche la Juventus, per dirne una). Lo diventa quando, in corso d'opera, l'allenatore non pone rimedio alla stanchezza che coglie la truppa. Domanda: cosa fa un allenatore italiano che arriva in vantaggio al 60° e vede la squadra stanca? Si copre, magari inserendo un difensore, o - se non parliamo di un difensivista, ma di un elemento normale - un centrocampista in più, a dare spessore alla fase di recupero palla. Luis Enrique si fa vanto di non avere mai sostituito un attaccante con un centrocampista o un difensore. E si vanta del suo peggior difetto: il compito dell'allenatore è dare equilibrio alla squadra, non di estremizzare un credo tattico per far parlare di sè. La Roma dimostra ogni partita di avere potenzialità: è una squadra complessivamente piuttosto giovane, ha forse qualche difetto strutturale (le mancano i terzini, perchè all'allenatore non servivano, e anche un centrale difensivo forte non farebbe schifo), ma in proiezione è una squadra dal buon futuro. Se i dirigenti si ricorderanno di darle un allenatore. Che poi, se non ricordo male, c'era già. C'era un tizio emergente, tale Montella da Castello di Cisterna, che sta facendo benino a Catania. Senza usare la parola "Progetto" e senza vergognarsi di usare i terzini.

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