martedì 18 ottobre 2011

Lo hanno pensionato

Lingotto. Mattinata del 18 ottobre 2011, Andrea Agnelli parla agli azionisti Juve, che devono votare un ingente aumento di capitale. E dice testuali parole: "L'unico legame tra le varie case della Juve è il nostro capitano, lui, Alessandro Del Piero, che ha voluto rimanere con noi ancora un anno per quello che sarà il suo ultimo anno in bianconero. A lui dedichiamo tutti un grande applauso". Segue ovazione.
Vero è che le recenti vicende dell'altra azienda di famiglia, quella che produce automobili, per intenderci, avevano già lasciato intendere che per quanto riguarda gli esuberi in casa Agnelli non si guarda tanto per il sottile, ma alzi la mano chi si aspettava il prepensionamento del capitano.
Con grande signorilità, a Del Piero è stato servito un foglio contenente il congedo illimitato: a giugno qui alla Juve hai finito, ora vedi tu. Vedrà lui, se ostentare a sua volta signorilità, annunciando l'addio al calcio oppure proseguire altrove con un'altra maglia, magari all'estero.
Giusto o sbagliato, due cose non possono sfuggire: la prima è il cinismo, forse involontario, con cui la Juventus dà il benservito alla sua bandiera due settimane prima del suo compleanno (nato il 9 novembre 1974, ne compirà 37); il secondo l'occasione solenne in cui la società ha esternato il proprio volere: davanti agli azionisti che stanno per ripianare un pesante passivo di oltre 95 milioni di euro: un po' come dire "il prossimo piano aziendale prescinde da Del Piero".
Del resto, che il provvedimento non sia stato concertato è abbastanza chiaro: i grandi campioni di solito il ritiro lo annunciano da soli. Si può semmai discutere se davvero Del Piero sia da (pre?)pensionare: l'età per un calciatore è avanzata; chi scrive lo ha visto sulle figurine Panini quando faceva ancora l'ultimo anno delle superiori. Ieri era tanto tempo fa.
In compenso, se un alieno piombato sulla terra dovesse scegliere se pensionare il Del Piero di dieci anni fa (quello che sconciava due incredibili palle-gol nella sciagurata finale degli Europei 2000 contro la Francia) o quello di domenica scorsa contro il Chievo, si terrebbe sicuramente la versione geriatrica. L'età nei grandi giocatori non è tutto, ma il senso del tempo, per un campione, dovrebbe essere parte integrante del pedigree. Michel Platinì, uno che vestì non indegnamente la stessa maglia di Del Piero (numero compreso), lasciò all'età di 32 anni. "Perchè così presto, Michel? Non ti pesa lasciare il calcio a soli 32 anni?", gli chiedeva conto un Beppe Barletti affranto quanto ogni tifoso juventino. Risposta: "Mi pesa non poter più sudare come prima, correre come prima. Lascio perchè credo di non poter più migliorare". Chapeau.
Ma senza scomodare le roi Michel, altri grandi juventini hanno lasciato in tarda età, e hanno sempre avuto la possibilità di scegliere loro il momento: penso a Zoff e Scirea, per dirne due. E magari anche a Bettega, che lasciò la maglia per andare in Canada, al Toronto Blizzard, in quella che era davvero una scelta di vita.
Senza voler dimenticare che i tempi sono cambiati, e di solito si dice che non siano cambiati in meglio, fa specie che a un giocatore come Del Piero, una bandiera, l'addio venga imposto. Viene il dubbio che prima di arrivare a questo gli sia stato proposto, e che fra la visione della società e quella del giocatore ci fosse più di una divergenza: l'ultimo faticoso rinnovo di contratto era un segnale preciso. Resto convinto che le bandiere, specie ora che sono sempre meno, andrebbero ammainate con cura, e da juventino ho il forte dubbio che abbiano sbagliato tutti: il capitano, a non cogliere l'attimo giusto per salutare, e la società, che oggettivamente non ha brillato per eleganza. C'era una volta lo stile Juve.

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