lunedì 2 marzo 2015

Ennis Hayes, il provocatore di Rosario

Nella storia del calcio, specie di quello sudamericano, sono moltissimi i giocatori che si possono abbinare al termine "provocatore". Ma ce ne sono alcuni che, con le loro gesta, hanno dato una nuova dimensione all'aggettivo.
Fra questi, certamente merita un posto Ernesto "Ennis" Hayes  (Rosario, 10 maggio 1896 – Rosario, 6 febbraio 1956), che insieme al fratello maggiore Harry (forse il più famoso dei due, ma anche il più "tranquillo", che quindi ci ha lasciato molte meno cose da raccontare) rappresenta una delle figure principali nella storia pionieristica del calcio argentino e in particolare dell'area di Rosario.
Figlio di un emigrante inglese giunto in Argentina per lavorare alla costruzione della nuova rete ferroviaria del Paese, Hayes è ricordato nelle cronache "tanto per la sua impareggiabile capacità di controllare la palla quanto per la sua atavica propensione alla scorrettezza". Altri racconti dicono che "nelle giornate di buona vena era capace di fare ammattire i rivali col suo dribbling, in quelle dove la vena era più scarsa, invece, li faceva ammattire con la lingua".
Dopo aver debuttato nel Rosario Central nel 1912, passa brevemente nelle fila del Piers Còrdoba y Rosario (oggi Nacional Argentino) e quindi nel 1913 torna a vestire i colori gialloazzurri del Central dove si impone come figura di spicco.
La sua abilità nel dribbling viene testimoniata da alcune cronache, come quella del 'clasico' fra Rosario e Newells' del 1915 in cui, riportano i giornali, "nel decimo minuto raccoglie palla eludendo tre giocatori avversari prima di entrare in area, dove con una elegante finta mette a sedere il portiere Airaldi ed entra col pallone nella porta degli arcirivali, scatenando scene di tripudio", che culminano con l'invasione di campo di alcuni spettatori. La partita finirà 6-0 per il Central.
Ma il suo temperamento lo mise spesso nei guai. Come il 23 dicembre 1917 quando, in una semifinale della Copa de Honor con il Racing Club, l'arbitro Josè Vacarezza decreta un rigore per gli avversari: Hayes si avvicina al referee chiedendo di parlamentare e quando questi gli si avvicina gli rifila una "pigna" di schietto sapore sudamericano che corica l'arbitro sul prato e gli vale una squalifica a vita.
"A vita", nel Sudamerica di quei tempi, vuol dire un annetto: tanto ci vuole per riabilitarlo e riportarlo in campo, permettendogli di regalarci un'altra perla nel 1919: si gioca una partita della Copa Vila fra il Central e il Gimnasia y Esgrima: ad un certo punto, sul 4-0 per i rosarini, dopo avere seminato avversari e raggiunto l'area, mette a sedere il portiere e prosegue la corsa verso la porta, ma si ferma un millimetro prima della linea, si siede sulla palla, aspetta l'arrivo di un avversario e quando questi gli si avvicina lo irride mettendo dentro il quinto gol con un colpo di bacino.
L'episodio manda su tutte le furie i giocatori e la tifoseria del Gimnasia e ingenera una 'fajolada' di quelle che solo in Sudamerica si possono vedere: si menano tutti: calciatori, tecnici e pubblico, che invade il campo; in particolare, una ventina di spettatori inseguono Hayes che è costretto a fuggire in spogliatoio. Tutto "abbastanza" normale. Solo che fra i 20 inseguitori che vorrebbero picchiarlo c'è anche suo padre, che anni dopo, interrogato sull'accaduto, racconterà di avergli messo le mani addosso nel dopopartita perché: “hacer el gol sí, pero burlarse del rival, no”. Un hidalgo.

Nessun commento:

Posta un commento