venerdì 4 luglio 2014

Anno Zero - 3. Balotelli, Cassano e gli altri

Più che di Antonio Cassano (Bari, 12 luglio 1982) e di Mario Balotelli Barwuah (Palermo, 12 agosto 1990) sarebbe il caso di parlare, per esaminare il difficile momento della Nazionale intesa come gruppo, di tutti i 23 partecipanti alla spedizione brasiliana e delle dinamiche di gruppo che da loro sono scaturite. Se Balotelli e Cassano sono stati un problema per il gruppo, infatti, sarà stata sicuramente colpa loro (e ne parleremo), ma la premessa da fare è che entrambi avevano già fatto parte, due anni fa, della spedizione agli Europei 2012 e la loro presenza non aveva impedito alla squadra di cogliere un buon risultato.
Non starò a dilungarmi su discorsi in buona parte già sentiti, ma anche uno psicologo da due soldi, se interpellato, vi dirà che sono i ritiri i luoghi dove il gruppo si cementa e si rafforza e che dunque, il luogo e le modalità del ritiro, la possibilità dei ragazzi di svolgere insieme attività di gruppo dopo l'allenamento, di cenare insieme e di confrontarsi, sono fondamentali per formare una unità di intenti.
Allo stesso modo, anche l'ultimo dei sociologi potrà spiegare che, preso un gruppo sociale di un certo numero di persone, automaticamente in questo si formano antipatie e simpatie, che spesso danno luogo a piccoli sottogruppi, dalla cui interazione fra loro dipende il risultato finale. 
Attenzione: la presenza di sottogruppi è del tutto normale in ognuna delle squadre del Mondiale e non è necessariamente fronte di aperto contrasto; senza dimenticare che, fra l'altro, non sta neppure scritto da nessuna parte che i sottogruppi debbano per forza andare d'accordo: la Lazio 1974 insegna che si può addirittura vincere un campionato con uno spogliatoio spaccato in due, anche se ovviamente una relazione positiva fra i sottogruppi porta beneficio all'edificio globale. 
L'importante è che i singoli, e i vari sottogruppi, condividano il più possibile il momento insieme e si convincano di avere un obiettivo comune per il quale lottare. E per riuscirci bisogna che, anche senza amarsi, i soggetti si stimino reciprocamente, e si rispettino. Sono aspetti che si costruiscono col confronto su base quotidiana. Le notizie filtrate dal ritiro azzurro riferiscono anzitutto di un differente livello di socializzazione fra quei giocatori che avevano con sè una compagna e quelli che non l'avevano (dunque, anche l'identificazione è semplicistica, fra più giovani e meno giovani). Finito l'allenamento, gli "anziani" trascorrevano tempo con la famiglia, e si isolavano dal gruppo. Non è certo questo particolare che è costato l'eliminazione, ma certo ha contribuito a limitare la fusione fra i due sottogruppi. 

Tutti a tavola a Mangaratiba

Qualcuno dirà: le donne in ritiro le hanno anche gli olandesi, e sono ancora lì. Vero. Ma a parte il fatto che fra italiani e olandesi esistono profonde differenze culturali che incidono molto sulle dinamiche di costruzione di un gruppo, bisogna dire che gli olandesi avevano sperimentato problemi similari in altre occasioni (Euro 1996, Euro 2012, ancor prima Italia 1990), quando il loro gruppo aveva invece ceduto alle frizioni. E' probabile, ma bisognerebbe approfondire, che una figura caratterialmente forte come quella di Van Gaal abbia molto inciso sulla corretta tenuta del gruppo a lui affidato.
Fin qui però siamo alle premesse, agli ingredienti di quel cocktail male assortito che è stata l'Italia Mondiale 2014.
Ricapitolando, abbiamo già visto come la rosa, largamente rinnovata, non potesse avere quella coesione tipica dei gruppi più collaudati. Il ritiro premondiale, cominciato con ancora ben presenti (era inevitabile) le tossine mentali del campionato, è proseguito con una situazione generale che non ha favorito la coesione del gruppo. E dopo la sconfitta ha individuato tre tipologie di "mele marce": i giovani, l'ingovernabile Cassano e l'isolato Balotelli.
Cominciamo dai giovani e dal loro presunto scarso impegno. Mi sembra un falso problema: Darmian ha dato il suo apporto, come pure Verratti, che semmai avrebbe fatto meglio con un allenatore che avesse creduto maggiormente in lui; De Sciglio ha recuperato in corsa da un infortunio; Perin, Immobile e Cerci (se vogliamo considerare Cerci un giovane) hanno dimostrato, loro sì, di non essere ancora adeguati a una ribalta internazionale, ma erano al debutto e non erano loro a doverci trascinare. Sirigu si è fatto trovare pronto al momento del bisogno. L'altro giovane in rosa, Perin, era in Brasile a fare esperienza, e non ha visto il campo. Da questa semplice analisi mi pare che, al netto di qualche comportamento sbagliato e immaturo che magari potrebbe essersi verificato nel chiuso del ritiro (vedi sopra) colpevolizzare i "giovani" per l'uscita dai Mondiali sia esercizio un po' ardito.
Tanto vale allora arrivare ai due reprobi, Cassano e Balotelli. Cominciamo da un breve esame di chi sono (calcisticamente parlando) le due "mele marce" della spedizione azzurra.
Antonio Cassano: Trentaduenne fra pochi giorni, Antonio Cassano ha nel suo palmares un campionato Spagnolo (2006-07 Real Madrid), due Supercoppe italiane (Roma 2001 e Milan 2011), uno scudetto (Milan 2010-11). A livello individuale ha vinto due volte l'Oscar del calcio come miglior giovane di serie A (2001 e 2003).
Mario Balotelli: Tralasciando le competizioni giovanili dove ha fatto man  bassa di titoli di squadra e riconoscimenti individuali (resto convinto che a livello giovanile i trofei dovrebbero contare molto meno), Mario Balotelli, alla soglia dei 24 anni, ha già vinto tre campionati italiani (2007-08, 2008-09, 2009-10, tutti con l'Inter), una Coppa Italia (2010, Inter), una Supercoppa Italiana (2008, Inter), una Coppa d'Inghilterra (2010-11, Man City), un campionato inglese (2011-12, Man City), una Community Shield (2012, Man City), una Champions' League (2009-10, Inter). Vanta inoltre un titolo di capocannoniere agli ultimi Europei, dove è stato scelto nella Squadra UEFA dei migliori 11, e un titolo di European Golden Boy nel 2010.
Molti trofei, in verità, non li ha vinti da primattore, ma semmai da coprotagonista. Ma in fondo lo stesso si può dire della Liga conquistata da Fantantonio (7 presenze, 1 gol in quell'anno).
Resta il fatto che in sei anni di carriera, Balotelli ha già vinto il triplo di Cassano. Certo, ha giocato in grandi squadre: Inter, Manchester City e Milan. Ma Cassano non gli è stato da meno: la Roma dei primi anni 2000 era una corazzata, così pure Real Madrid, Milan e Inter. Che con lui in campo, però, non sono riusciti a vincere quasi nulla.
Le cose migliori le ha mostrate, quasi paradossalmente, con Samp e Parma, due formazioni in cui era la stella incontrastata, il divo, e dove da divo ha potuto atteggiarsi.
La presenza di Balotelli invece, per quanto sicuramente di difficile gestione, non era mai risultata apertamente deleteria per il gruppo di cui faceva parte fino a questi Mondiali: su queste basi, abbinandole a ragioni anagrafiche, alla carenza di sostituti testuali nel ruolo e all'ottima gestione che era stata fatta di lui ai tempi degli Europei, la scelta di Prandelli di convocarlo è assolutamente condivisibile. Difficile, semmai, comprendere l'imprescindibilità di Cassano, che proprio agli Europei era stato fra i migliori, ma al termine della manifestazione era stato apertamente ostracizzato dai compagni di squadra. Sarebbe stato meglio lasciarlo a casa.
Mentre su Cassano resta poco da dire (per questioni anagrafiche è evidente che il Mondiale è stato il suo passo d'addio alla Nazionale, e che non sarà molto rimpianto), la questione Balotelli va approfondita. Il soggetto è talmente interessante che prima o poi bisognerà scrivere un piccolo trattatello al riguardo ("Fenomenologia di Balotelli" potrebbe essere un titolo adeguato). I dati di fatto sono comunque tre: il totale isolamento con cui ha concluso i Mondiali, la presenza di eccessi caratteriali che ne oscurano il talento, il suo indubbio valore potenziale.
Cominciamo dal primo: non ricordo di avere mai visto un gruppo isolare un giocatore nella stessa misura con cui è stato isolato Balotelli a fine Mondiale: da solo sul bus, da solo all'aeroporto al ritiro bagagli, da solo nelle dichiarazioni post-mondiale, dove tutti lo hanno additato come determinante in senso negativo sia sul campo che fuori.

Due passioni di Balotelli: auto veloci e scarpe sgargianti

L'immagine che Balotelli offre di sè (o almeno quella che gli altri percepiscono) è tendenzialmente quella di un tamarro: acconciatura appariscente, passione per le auto veloci, atteggiamenti spacconi e un po' machisti, fare scontroso, uso frequente ma poco accorto dei social network, dialettica che alterna vittimismo e intemperanza. In mezzo, un'elevata concezione di sè (vedi il suo album Mondiale, pubblicato, ovviamente, su twitter, dove l'Italia è stata riempita solo da sue figurine.
I compagni hanno gradito il giusto, cioè poco), solo talvolta supportata da prestazioni adeguate. Per questi motivi, Balotelli è rimasto isolato dentro il gruppo, messo ai margini. E sarà dura che possa rientrare.
L'Italia vista da Balotelli. I compagni volevano più turnover...
Ma deve. Perchè, e qui veniamo al terzo punto, ha solo 24 anni (da compiere) ed è comunque l'attaccante più dotato fra quelli nati in Italia da 1988 al 1992. Abbiamo di nuovo una buona generazione dal 1993 in poi. Ma prima, non c'è molto di meglio di lui, e anche per questo, forse, il suo talento è emerso con così tanta precocità: mancava il confronto. Forse non è il più forte giovane del nostro vivaio, ma è certamente fra i primi 20 under 25 d'Italia, e non va trascurato. E anche se il suo vittimismo è eccessivo, non c'è dubbio che la critica, nei suoi confronti, abbia esagerato: certo, il suo Mondiale è stato di basso livello (ma vorrei ricordare che non si sono giocate Balotelli-Costa Rica e Balotelli-Uruguay, ma Italia Costa Rica e Italia-Uruguay. E altri, nell'insieme delle tre gare, hanno fatto peggio di lui). Certo, gli atteggiamenti da ragazzo viziato a volte fanno venire voglia di menare le mani, ma sulla storia del razzismo non ha tutti i torti. E forse per capire a fondo certi atteggiamenti vittimisti in alcuni casi inopportuni, bisognerebbe provare a crescere, con qualità come le sue e una pelle del suo colore, nella Bassa Bresciana, non proprio l'area d'Italia dalla mentalità più aperta verso gli stranieri. Mi piace sottolineare che in molti casi i difetti di Balotelli sono "generazionali", appartengono a tanti giovani della sua età, anche giocatori, ma nel suo caso sono probabilmente amplificati, anche perchè non a tutti piace l'idea che fra i futuri uomini-guida del calcio italiano possa esserci un elemento come lui: un ragazzo di colore che dovunque vada fa notizia (la copertina di Time mica gliela avranno regalata...). E se ancora non ci credete, vi cito il commento di un conoscente dopo Italia-Inghilterra: "Avrei preferito perdere, che vincere con il gol di un negro". Credere che sia l'unico in Italia a pensarla così, sarebbe un errore molto grave. 
Tornando a bomba, anzi a Balo: mi sembra ovvio la sua avventura in Nazionale non deve finire qui a 24 anni ancora da compiere, tantopiù che i talenti non sono più abbondanti come in passato. Appare chiaro che lui per primo dovrà affrontare una fase di analisi e autocritica (e sarebbe opportuno trovare chi possa aiutarlo a intraprenderla), e che nell'immediato le porte del gruppo resteranno chiuse. Ma perdere un potenziale talento come lui a 24 anni sarebbe un danno per l'intero movimento. 

(3 - continua. Prossimamente: il peso della Federazione)

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