martedì 8 luglio 2014

Alla lavagna: Massacro a Belo Horizonte

Cinque gol (a zero) subiti nel corso del solo primo tempo, come Haiti nel 1974. Sette gol (a uno) al passivo alla fine, risultato senza precedenti nella storia dello sport brasiliano. E i primi quattro gol sono arrivati nei primi ventiquattro minuti, di cui tre (secondo, terzo e quarto) nel breve volgere di 400 secondi
Non è stata una partita: Brasile-Germania è stato un massacro, un risultato tanto sproporzionato, anche nella disparità di forze esistente fra questa Germania e un Brasile privo dei suoi due giocatori più importanti e rappresentativi sul piano tecnico, che è difficile capire dove finiscano i demeriti brasiliani e fino a che punto sia forte la Germania. Che forte, sia ben chiaro, lo è sicuramente.
Il Brasile ne ha presi sette, e forse adesso avrà capito che non basta una capigliatura alla Valderrama e una gestualità un po' ieratica per fare di un difensore centrale di levatura appena nella media un baluardo difensivo alla Beckenbauer, perchè l'ipertricosi non è un sinonimo di leadership. E forse avere un allenatore capace di pensare a qualche variante tattica a volte servirebbe.
Senza scomodare paragoni con strateghi di altissimo profilo (Joachim Low è un tecnico rispettabile, non un genio della tattica), vale la pena ricordare come Felipe Scolari, pur avendo vinto un Mondiale nel 2002 (col miglior Brasile degli ultimi 20 anni per tasso tecnico, e grazie a una papera di Kahn), è lo stesso allenatore che nel 2004 riuscì nell'impresa di perdere un Europeo con il Portogallo facendosi battere in finale dalla Grecia. Allora come stavolta, facendo in modo che la sua squadra iniziasse la partita più importante attaccando a testa bassa e esponendosi scriteriatamente agli avversari.
Un difetto che fa parte del dna brasiliano, fin dal 1950, col Maracanazo, fin dal 1982, con la sconfitta per 3-2 contro l'Italia da parte di una squadra di fuoriclasse. In entrambi i casi sarebbe bastato il pareggio.
Alla Germania è bastato pressare Dante al limite della sua area, per recuperare decine di palloni sulla trequarti; è bastato un gol, il primo, per convincere i brasiliani a scoprirsi in maniera scriteriata ed attaccare aprendo varchi (quasi sempre legati a stolide incursioni offensive di David Luiz) al suo gioco verticale. E il passivo sarebbe potuto essere ancora più pesante, se solo i tedeschi (e in particolare Ozil) avessero avuto la mira più centrata.
David Luiz: l'ipertricosi non è sinonimo di leadership

Ma ogni analisi tattica, davanti a un 1-7 è allo stesso tempo superflua e semplicistica. Mi limito a una considerazione: di fronte a una squadra superiore tecnicamente e con l'ulteriore handicap di dover giocare senza due pilastri come Neymar e Thiago Silva, l'unico modo per avere le possibilità sarebbe stato giocare di squadra, e invece il Brasile ha ripetuto lo stesso errore commesso tante altre volte nel suo passato quando le cose andavano male: gettarsi in avanti e cercare di trasformare la partita in tanti duelli uno contro uno. Peccato che i tedeschi, proprio perchè superiori tecnicamente, oltre che fisicamente, li abbiano vinti tutti. Da una parte, si sono visti ordine, coesione, determinazione e disciplina; dall'altra improvvisazione, nessuna unità d'intenti, disordine tattico e un desolante senso di impotenza già dopo la rete dello 0-2.

Questa Germania è il risultato di un profondo lavoro sui vivai e di una importante valorizzazione della tecnica al servizio della squadra. Il Brasile dovrà imparare a farlo, perché non è credibile che in tutto il Paese non esistano un centravanti migliore di Fred o un interno di regia degno di questo nome. Se però esistono, e non riescono a emergere, allora è ancora più grave, e vuol dire che c'è un dannato bisogno di qualche scout in più, che cominci ad andare per favelas, in mezzo alle ruas o sulla spiaggia, per reclutare i migliori e aiutarli a crescere. La disfatta del Brasile non sta nell'aver perso 7-1 in casa: sta soprattutto nell'essere diventato tecnicamente inferiore alla Germania.

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