mercoledì 18 giugno 2014

Il Cile, un sogno postmoderno

Ci sono volte in cui mi dispiace che il calcio sia uno sport di massa e stasera è una di queste. Mi dispiace, fra molte virgolette, perchè adesso tutti faranno a gara a "scoprire" il Cile di Jorge Sampaoli.
In fondo è giusto così, perchè una squadra come questa, che porta qualcosa di completamente nuovo al gioco, alla sua economia, al modo di interpretare il calcio, deve per forza essere un patrimonio di tutti; nel mio piccolo, però, mi piaceva l'idea di mantenere un piacere elitario, quello che per tre mesi ho cercato di tramandare, spiegare, descrivere (senza riuscirci, come non ci riuscirò in questo post) agli amici e ai colleghi che vedo più spesso.
Ogni infatuazione ha un anniversario, una data di inizio. La mia è il 6 marzo: Germania Cile 1-0 in una gara amichevole, se non sbaglio giocata a Stoccarda. La guardai su Sky. Risultato bugiardo: per 25 minuti la Germania era sembrata San Marino: non ci aveva capito niente, e i cileni avevano sbagliato almeno 5 gol. Poi si sa, il calcio è uno sport che si gioca 11 contro 11 e alla fine vincono i tedeschi, se non sempre, spesso.
A me però rimasero impressi gli sconfitti, una squadra difficile anche da descrivere.
Per me il Cile, da allora, è un sogno postmoderno, un incrocio fra il futurismo (di cui ha preso la velocità e la muscolarità), e il cubismo, per l'astrazione che ne pervade i movimenti. 
Per chi ama la tattica, il Cile è qualcosa di completamente nuovo. Merito di un ct visionario, Jorge Sanpaoli, ma anche di chi è venuto prima di lui. Calcisticamente in questa squadra c'è tutto: una generazione di talenti, le suggestioni del Sudamerica, le contaminazioni europee, la sofisticazione tattica. E i limiti di chi estremizza un concetto. Più che una squadra, un vascello pirata, che deve vivere perennemente all'arrembaggio
Difficile spiegare senza essere saccenti o noiosi, ma ci provo. Senza averne i titoli, forse, ma vorrei comunque aggiungere che il sottoscritto, dopo quel 6 marzo, ha cominciato a cercare tutte le partite del Cile che si potevano trovare su internet e forse un po' ne capisco.

L'EREDITA' STORICA
In Jorge Sampaoli (uno che alla Universidad de Chile ha vinto due Tornei Apertura, un Clausura e una Copa Sudamericana, scusate se è poco), la radice tattica fondamentale è l'eredità di Marcelo "El Loco" Bielsa, uno degli allenatori più offensivisti della storia del calcio. Bielsa è un visionario. Per descriverlo basta un aneddoto: una notte, alle 3, ebbe un'intuizione tattica nel sonno, e svegliandosi all'improvviso, per non dimenticarla decise di provarla subito sul campo. Aveva un campetto a 6 nel giardino (beh, giardino, un latifondo) di casa: Svegliò la moglie, i due figli, una cameriera e un maggiordomo, e li costrinse a scendere sul campo per vedere le distanze (sic) e verificare se la sua folgorazione notturna poteva diventare schema di gioco.
Non parliamo dello schema del Cile, era uno schema qualsiasi, ma basta questo, credo, per capire chi era Marcelo Bielsa. Il suo Cile, cifre alla mano, a Sudafrica 2010 era stata la squadra che aveva attaccato di più, per numero di tiri in porta e per presenza nella metà campo avversaria. La Federazione, a Mondiale terminato, aveva provato la svolta difensiva, chiamando in panchina Borghi, l'ex meteora del Milan. Respinto con perdite.
La scelta cadde su Jorge Sampaoli, che alla prima intervista gelò tutti: "Sono un grande ammiratore di Marcelo Bielsa, e so che tutti ritenete il suo modulo troppo offensivo. Ragion per cui mi ispirerò a lui e lo modificherò: in senso ancora più offensivo". Evviva.
Aveva ragione lui. E il 3-3-4 di Bielsa (trasformato in 3-3-1-3, o 3-4-3) è la base tattica della squadra formidabile che ha escluso la Spagna dai Mondiali. Di Bielsa sono i cambi di gioco, la partecipazione dei difensori alla manovra, la conduzione su linee esterne. Ma nel Cile non c'è solo Bielsa.

IL CONTRIBUTO DI MATURANA
L'idea di base è una evoluzione naturale del "falso 9" che ha imperato negli ultimi 6 anni in Europa e nel Mondo. L'intuizione è semplice, ma geniale: "Se tutti giocano con un centravanti, che non è un centravanti, allora tanto vale toglierlo del tutto e aggiungere un uomo a metà campo". Bingo: nel Cile di oggi ci sono due punte, ma sono due attaccanti esterni, il cuore dell'area è sguarnito, a disposizione per tagli e inserimenti, e siccome i difensori centrali di solito sono tutti (o quasi) lenti, il gioco è fatto. 
Ma questa non è una novità di oggi. Le due punte laterali sono vecchie di 25 anni. Le inventò Francisco "Paco" Maturana, nella sua Colombia anni 90. Fu una scelta quasi obbligata: Asprilla e De Avila in area non ci volevano stare, El Tin perchè gli piaceva giocare largo, De Avila perchè era un metro e sessanta, pesava 45 chili e da centravanti prendeva un sacco di botte, ragion per cui, niente punta centrale, ma due punte esterne, un centrocampista offensivo (il mitico Valderrama) e un esterno che da sinistra si inseriva in area: Rincon. C'è qualche differenza (la più importante: la Colombia giocava così, ma a trenta all'ora, il Cile a duecento all'ora), ma l'idea nasce da lì.

IL CALCIO TOTALE E IL SACCHISMO
Un altro elemento del cocktail è il calcio totale anni Settanta, o se preferite, la sua versione moderna, il 4-4-2 di Arrigo Sacchi, da cui si prendono due lezioni fondamentali: la prima, la rinuncia ai ruoli: tutti possono partecipare alla manovra; la seconda: la difesa comincia a centrocampo, con raddoppi insistiti e continui: quella che l'Arrigo chiamava "Intensità".

LA NOVITA'
E poi c'è la grande lezione, figlia del calcio di oggi, che tende a estremizzare i concetti. Sanpaoli ne estremizza due: l'azione comincia dalla difesa e la palla si riconquista sulla trequarti avversaria. Per la prima componente, ha ridotto al minimo i difensori (dei tre del trittico difensivo solo Jara è un vero marcatore) e per la seconda ha armato un centrocampo di grande passo e intensità. Il rovescio della medaglia è uno: il Cile per vincere deve sempre attaccare: se si affievolisce, rischia. Ma questa squadra, che ai Mondiali finora ha conquistato tutti, sta giocando col suo elemento di maggior classe, cioè Vidal, al 70% del suo potenziale, e con il suo uomo più tecnico, cioè "El Mago" Valdivia, che non gioca più di 15' a partita. Motivo? Pare una certa predilezione per le bevande alcooliche che ne riduce drasticamente le potenzialità, e che purtroppo rappresenta un problema oltre i limiti del campo. Ma è un modo come un altro per dire che questo Cile può ancora migliorare. Non vincerà il Mondiale, perchè ha delle carenze (una per tutte: nessuno dei tre difensori arriva al metro e ottanta. E contro una squadra fisica, come si fa?) ma in un certo senso ha già vinto, facendo vedere qualcosa di nuovo.


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