sabato 24 maggio 2014

Alla lavagna - La 'decima' del Real la vince la panchina

Ancelotti dimostra ancora una volta che la Coppa gli si addice, e diventa l'unico tecnico insieme a Bob Paisley a vincere tre volte la Champions' League; il Real Madrid vive una notte di delirio e alza al cielo la sospirata "decima", a lungo attesa. Era la 59esima volta che il trofeo era in palio, il Real ne ha vinti uno ogni sei: non c'è molto altro da aggiungere.
Sugli albi d'oro e sugli annali finiranno queste cifre. E chissà se fra vent'anni qualcuno, a parte giocatori e tifosi dell'Atletico, si ricorderà che i Colchoneros sono stati a un minuto e mezzo dall'alzare al cielo la Coppa dalle grandi orecchie... l'analisi della partita, in effetti, racconta che il Real ha meritato di vincere, ma che se nei 90' regolamentari i blancos avessero perso, non ci sarebbe stato molto da dire.

GLI UNDICI
Ancelotti punta su una squadra di grande qualità tecnica e, pur privo di Xabi Alonso, schiera un centrocampo a tre con Khedira vertice basso e Modric e Di Maria ai lati. Domanda: chi fa filtro? 
Simeone, in compenso, si dimostra tecnico molto "italianista", e mette in campo un 4-4-2 molto scolastico e con le linee di difesa e centrocampo molto vicine, per favorire i raddoppi e intasare gli spazi. Davanti, Villa e Diego Costa dovrebbero fare reparto per conto loro. Purtroppo la partita di Diego Costa durerà appena otto minuti e mezzo, facendo sorgere, anche in questo caso, una domanda: perchè mandarlo in campo?

PRIMO TEMPO
In campo ci sono due filosofie opposte e lo si vede quasi subito: il Real alza moltissimo i terzini: Coentrao e Carvajal giocano in linea con Khedira; davanti, Bale e Ronaldo dovrebbero inserirsi a turno a fianco di Benzema, ma Simeone sa bene che le due ali rendono al meglio se hanno spazi vuoti dove correre, e giocando 'basso' e intasando gli spazi negli ultimi trenta metri, praticamente toglie ogni margine di gioco agli avanti madridisti. Non a caso, per tutto il primo tempo, i centrocampisti del Real terranno palla a lungo, ma non riusciranno mai a servire bene gli attaccanti, dovendo ricorrere spesso al lancio lungo. L'unica azione pericolosa del Real non nasce da una manovra, ma da un errore di Tiago che lancia il contropiede di Bale, il quale però non sfrutta l'occasione. Di solito nel calcio queste cose si pagano e in effetti alla prima e unica vera sortita l'Atletico passa con un'incornata di Godin che sfrutta una errata uscita di Casillas: 1-0 e la partita è esattamente sui binari che l'Atletico vorrebbe.

SECONDO TEMPO
Nella ripresa Ancelotti modifica il suo Real con innesti dalla panchina che portano qualità e accentuano ancora l'impronta offensiva della squadra. Così facendo però intasa ulteriormente gli spazi in avanti, e infatti, con una gara di grande sacrificio, l'Atletico tiene, lotta, picchia. Il problema di Simeone però è legato al fatto che i cambi a sua disposizione non sono assolutamente all'altezza dei titolari, nè per qualità, nè per intensità di gioco. Più passano i minuti più l'Atletico...è meno atletico, anzi si affievolisce. Il centrocampo, che in teoria dovrebbe sfruttare la superiorità numerica (4-4-2 contro 4-3-3) è invece quasi sempre in inferiorità, perchè davanti Villa e Lopez non riescono a tenere palla, e quindi Ramos e Varane, giocando uomo contro uomo, possono liberare i due esterni, Carvajal e Marcelo, molto più offensivo di Coentrao, che giocano di fatto come centrocampisti aggiunti, stringendo in una morsa il mediocampo colchonero.
Il Real assalta, sbatte contro un muro, sembra non farcela, poi al 93' trova il gol di testa di Sergio Ramos e nel momento stesso in cui si va ai supplementari, chi ha già visto qualche partita capisce come potrà andare a finire.

SUPPLEMENTARI
Nel prolungamento, l'Atletico resiste in qualche modo per poco più di un quarto d'ora, poi però cede di schianto. Ha finito le energie e il 2-1 di Bale è come un colpo alla nuca. Marcelo e Cristiano Ronaldo piantano le ultime banderillas, ma se si giocassero altri dieci minuti ci sarebbe da prendere il pallottoliere. Il Real Madrid alza la decima. Sarà ricordata, giustamente, come la Champions' di Cristiano Ronaldo (17 gol in 11 partite), ma la finale l'ha vinta la panchina.

CONCLUSIONI
Secondo l'usanza ecclesiastica, ci vogliono due miracoli conclamati perchè si possa essere proclamati santi. Se l'assunto è valido anche per le persone ancora viventi, Diego Pablo Simeone è stato a 90" dalla beatificazione, perchè dopo il campionato stava per vincere anche la Champions' League con una squadra almeno di due livelli inferiore al Real Madrid. L'Atletico è formazione organizzata, di grande carattere, dalla superba personalità, ma di fronte a uno dei club più ricchi del mondo, non poteva competere. Si è molto parlato del fatto che le idee possano colmare il gap di risorse economiche, citando i Colchoneros come esempio; in parte sono certamente veri sia il fatto particolare che l'assunto generale, ma tralasciando il fatto che è tutto da dimostrare che la stagione dei biancorossi sia ripetibile, una frase del genere estrapolata dal contesto lascerebbe pensare che alla guida del Real ci sia gente senza idee. Non è proprio così: Carlo Ancelotti è tecnico di vaglia. Forse non spicca per intuizioni tattiche o per concetti di gioco facilmente riconoscibili, ma nella gestione del gruppo è sicuramente fra i migliori del mondo, e quando si sa gestire un gruppo, come quello del Real, dove ci sono almeno 8 giocatori che, nei rispettivi ruoli, sono fra i primi 10 al mondo, è difficile sbagliare. 


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