giovedì 29 maggio 2014

Destinacao Brazil - Cotonete

Se sarete tra i fortunati che potranno seguire i Mondiali dal vivo, in Brasile, e avete in programma una tappa a Sao Paulo, potreste incontrarlo anche voi. Magari allo stadio, oppure, se volete andare sul sicuro, all'incrocio fra le avenidas São João e Ipiranga, dove - quando non ci sono partite - lavora come ambulante. Claudio Ribeiro, per tutti Cotonete (Erechim, 1945?), è uno di quei personaggi che potrebbero avere qualunque età, tanto restano uguali dai 35 agli 80 anni. Il suo apelido di "Cotonete" ("il cotonato") non sto nemmeno a spiegarvelo, tanto la ragione è abbastanza intuitiva.
Quest'uomo, che sembra la pubblicità ambulante di uno shampoo con balsamo, è per tutti in Brasile l'immagine stessa del torceador, ovvero del membro della torcida, la parte più calda della tifoseria. Si può dire che il calcio abbia segnato la sua vita, nel bene e nel male. Inizialmente nel male. Figlio di un camionista, a 9 anni suo padre lo portò dal paesello di Erechim dove era nato, fino a São Paulo, per fargli vedere il derby fra São Paulo e Corinthians. Partita di cartello, c'era una gran folla. All'uscita, padre e figlio finiscono col perdersi di vista, e non si ritrovano più. Per qualche giorno il padre lo cerca, poi getta la spugna, pensando che il figlio abbia già fatto una brutta fine (in Brasile capita spesso). Invece Claudio incredibilmente sopravvive, vivendo per strada. E quella vita randagia gli piace così tanto che non pensa più di tornare a casa. "Tre anni dopo - racconterà in un'intervista - mandai una cartolina a mio padre. Tanto per fargli sapere che ero vivo. Ma ormai avevo deciso di restare dove ero". 
Conosce la fame, vive ai margini della legge (eufemismo) e finisce anche in un carcere minorile; a 17 anni vive di espedienti e per la società sembra perso. Invece, il calcio, quel calcio che lo ha messo nei guai, è anche la sua via per il riscatto. Diventa tifoso del Corinthians, fonda un club tutto suo (Explosão Coracão Corinthiano - il Cuore esplosivo Corinthiano) che diventerà il più importante nella geografia della torcida del Corinthians, arrivando a mettere assieme 30.000 tesserati, e pur di vedere le partite comincia a lavorare. Fa il commesso in un negozio di giocattoli e nel 1978 il calcio gli restituisce un po' di quello che gli ha tolto: alla vigilia dei Mondiali il proprietario si ammala gravemente e gli lascia un biglietto per Argentina '78, che non avrebbe potuto sfruttare. 
Claudio, che a quel punto è già "Cotonete", mette il tamburo in valigia e parte per l'Argentina. Mentre guida i cori della Selecão, si rende conto che il suo look basta da solo ad assicurargli la sopravvivenza: la gente fa la fila per fare foto ricordo con lui, ed è disposta anche a pagare. "Merito dei capelli, ovviamente. Li ho sempre portati così per una questione di gusto personale, ma devo ammettere che la gente li adora...".
Alla fine riesce a vedere tutte le partite del Brasile, e lo stesso farà nel 1982, nel 1986, nel 1990... e così via. Fino a oggi. In pratica, quando gioca la Nazionale, fa il tifoso di professione: "Le aziende si ricordano che vengo inquadrato spesso in televisione, allora mi regalano vestiti, biglietto aereo. Io devo solo mettere il loro simbolo o il loro slogan sulle mie magliette". Il biglietto aereo, non quello delle partite... "Tanto noi brasiliani mica siamo fessi. Il sistema di entrare lo trovo sempre". A Francia '98 tenne una conferenza a Parigi davanti a 700 studenti universitari. Tema: "Controlli personali allo stadio, come renderli più efficaci, e come evitarli". 
In questi anni ha perso quasi tutti i denti in un incidente d'auto ("Alcuni dentisti si sono offerti di rimettermeli gratis, ma preferisco restare così, sono più pittoresco"), è stato arrestato due volte: la prima nel 1982, in Spagna, per aver gettato detersivo in una fontana pubblica, ("ma a Brasile già eliminato"); la seconda nel 1998, in Francia, per aver preso a pugni un tifoso marocchino, reo a suo dire di avergli rubato il tamburo poco prima di Brasile-Marocco. Saggiamente, confessa di regolare la sua vita su cicli di 4 anni, scanditi dai Mondiali, e di non essersi mai sposato: "Le donne portano via troppo tempo libero. Poi non ne rimane abbastanza per il calcio". 
A fine anni '90 ha abbandonato momentaneamente gli stadi (lasciando anche la presidenza del club ECC), deluso dal calcio e, pare, dalla sconfitta della verdeoro nella finale con la Francia. Ma state tranquilli, il disgusto gli è passato in tempo per Corea-Giappone 2002, e non gli è più ritornato.

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