venerdì 14 marzo 2014

Alla lavagna: Porto-Napoli e l'equivoco Hamsik

Il Napoli esce dallo stadio Dragão con una sconfitta di misura, 0-1, che lascia aperti i giochi per il passaggio del turno, ma obbligherà gli azzurri a una partita senza errori al “San Paolo”, un compito non facile, contro un avversario, il Porto, che ha dimostrato di saper stare in campo.
La partita ha portato all'evidenza, specialmente nel primo tempo, alcuni difetti già ben noti della squadra partenopea, che poi, nella ripresa, ha invece subito il gol decisivo proprio nel suo momento migliore. Ma passiamo all'analisi.

Primo Tempo
Benitez resta fedele al suo 4-2-3-1 ma con qualche variazione importante: a centrocampo, accanto al mediano di rottura Behrami, non c'è un tessitore di gioco o un elemento, come potrebbero essere Inler o Dzemaili, capace di abbinare interdizione e geometria, bensì Henrique, un mediano molto difensivo che può essere impiegato anche da difensore puro. Anche le fasce sono più bloccate del solito, con Ghoulam a sinistra e Reveillere a destra (inizialmente con compiti di solo contenimento), per cercare di impedire al Porto, che gioca con due esterni molto offensivi, come Quaresma e Varela, di trovare i varchi per arrivare sul fondo. I lusitani, che schierano Fernando playmaker davanti alla difesa, danno nerbo al centrocampo con due interni completi come Defour e Carlos Eduardo (molto bravo quest'ultimo) e puntano forte sulla tecnica e la rapidità di gambe di Jackson Martinez, in un 4-3-3 che in realtà sembra più un 4-1-4-1.
L'idea di Benitez è probabilmente quella di attendere “basso” il Porto e poi ripartire rapidamente in verticale per trovare sbocchi o sulle fasce, dove giostrano Insigne e Callejon, o direttamente per vie centrali, innescando Higuain, e il piano di gioco potrebbe anche funzionare, ma perchè questo possa avvenire sarebbe fondamentale avere un uomo di collegamento fra centrocampo e attacco, un elemento che in fase di non possesso sia in grado di assicurare il pressing su Fernando, e in fase di possesso si abbassi a ricevere i passaggi dei mediani per poi fare da fionda per il trio di incursori. A svolgere il compito dovrebbe essere Hamsik, che però ricade ancora una volta nell'equivoco tattico che ne ha già limitato l'efficacia in campionato. Il problema è che Hamsik non è un trequartista e nemmeno un regista offensivo, bensì un incursore, e per sue intrinseche caratteristiche, finisce con assumere una posizione quasi parallela a quella di Higuain, trasformando lo schema in qualcosa di molto simile a un 4-4-2. Senza un collegamento, alla difesa e ai due mediani non resta che lanciare palla lunga, o sulle fasce o alla ricerca della testa del Pipita, regolarmente sovrastato da Mangala.
Il risultato è che il Napoli parte sì, basso, ma non alza mai il baricentro: la palla quando va in avanti finisce subito con l'essere riconquistata dal Porto, che pur giocando a ritmi blandi, fa correre molto la palla e mette in forte difficoltà la difesa partenopea, spesso in ritardo soprattutto in Britos.
Il centrale perde una prima volta l'uomo all'8', ma sulla percussione centrale di Carlos Eduardo, Martinez calcia ma si fa parare il tiro da Reina. Secondo errore di Britos al 20, quando viene annullato un gol a Carlos Eduardo, che era riuscito a passargli alle spalle.
Il centrocampo del Napoli non gioca mai palla, quello del Porto mena le danze. Benitez, notando la difficoltà nel fraseggio, chiede ai suoi di giocare più sulle fasce, ma per Insigne superare l'attento Danilo è un problema, mentre Callejon e Alex Sandro danno vita a un bel duello sulla destra. Non è un caso che gli unici patemi per il Porto nel primo tempo arrivino da lì.

Secondo tempo

Finito malissimo il primo tempo, Benitez probabilmente si fa sentire in spogliatoio, perchè il Napoli torna in campo ordinato, alza di 20 metri il baricentro e per dieci minuti fa vedere grandi cose. Hamsik finalmente abbassa di 15 metri la propria posizione e comincia a smistare palloni. Dal suo piede fra il 50' e il 55' nascono tre grandi occasioni: la prima servita a Callejon che calcia a colpo sicuro e trova il piedone di Helton, la seconda tocca ad Albiol che non inquadra la porta su corner, la terza a Higuain e Callejon che però non combinano. Tre occasioni fallite e la legge del calcio colpisce: il Porto va in gol subito dopo, con un chirurgico diagonale di Martinez.

Il gol subito disunisce il Napoli che perde ordine: Hamsik si fa frenetico e finisce col fare di nuovo la seconda punta: dopo un altro quarto d'ora di inutilità, Benitez lo sostituisce con Maertens.
Il Porto è più ordinato, chiude ogni varco e potrebbe anche raddoppiare, ma il suo tentativo si infrange sul palo. Nel finale, nel disperato tentativo di sfruttare in qualche modo i lanci lunghi, Benitez lancia nella mischia anche Duvan Zapata che, incredibilmente, per ben due volte sfiora l'1-1 Ma pretendere che sia lui a levare le castagne dal fuoco ci sembrerebbe eccessivo.

Conclusioni
Ancora una volta il Napoli paga dazio soprattutto all'equivoco tattico legato alla posizione di Hamsik. Quello che con Mazzarri, partendo venti metri indietro era un incursore micidiale, capace di scegliere d'istinto i tempi di gioco per inserirsi in avanti al fianco della punta, con Benitez, partendo da posizione più avanzata, perde la profondità e langue senza spazi in cui gettarsi. Inutile pensare di farne un regista offensivo, un trequartista, una mezzapunta: non sarà mai nulla di tutto questo. Il rischio semmai è che si dimentichi anche quello che sapeva fare bene.
Per il resto, il doppio confronto resta aperto: al ritorno però il Napoli ovrà riuscire a trovare delle linee di gioco diverse da quelle, molto prevedibili, messe in mostra al Dragão, in grado di aprire la difesa del Porto, che sembra lenta nei due centrali, ma che sul piano della sincronia non mi sembra abbia nulla da invidiare a nessuno.

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