Il Napoli esce dallo stadio Dragão
con una sconfitta di misura, 0-1, che lascia aperti i giochi per il
passaggio del turno, ma obbligherà gli azzurri a una partita senza
errori al “San Paolo”, un compito non facile, contro un
avversario, il Porto, che ha dimostrato di saper stare in campo.
La
partita ha portato all'evidenza, specialmente nel primo tempo, alcuni
difetti già ben noti della squadra partenopea, che poi, nella
ripresa, ha invece subito il gol decisivo proprio nel suo momento
migliore. Ma passiamo all'analisi.
Primo
Tempo
Benitez
resta fedele al suo 4-2-3-1 ma con qualche variazione importante: a
centrocampo, accanto al mediano di rottura Behrami, non c'è un
tessitore di gioco o un elemento, come potrebbero essere Inler o
Dzemaili, capace di abbinare interdizione e geometria, bensì
Henrique, un mediano molto difensivo che può essere impiegato anche
da difensore puro. Anche le fasce sono più bloccate del solito, con
Ghoulam a sinistra e Reveillere a destra (inizialmente con
compiti di solo contenimento), per cercare di impedire al Porto, che
gioca con due esterni molto offensivi, come Quaresma e Varela, di
trovare i varchi per arrivare sul fondo. I lusitani, che schierano
Fernando playmaker davanti alla difesa, danno nerbo al centrocampo
con due interni completi come Defour e Carlos Eduardo (molto bravo
quest'ultimo) e puntano forte sulla tecnica e la rapidità di gambe
di Jackson Martinez, in un 4-3-3 che in realtà sembra più un
4-1-4-1.
L'idea
di Benitez è probabilmente quella di attendere “basso” il Porto
e poi ripartire rapidamente in verticale per trovare sbocchi o sulle
fasce, dove giostrano Insigne e Callejon, o direttamente per vie
centrali, innescando Higuain, e il piano di gioco potrebbe anche
funzionare, ma perchè questo possa avvenire sarebbe fondamentale
avere un uomo di collegamento fra centrocampo e attacco, un elemento
che in fase di non possesso sia in grado di assicurare il pressing su
Fernando, e in fase di possesso si abbassi a ricevere i passaggi dei
mediani per poi fare da fionda per il trio di incursori. A svolgere
il compito dovrebbe essere Hamsik, che però ricade ancora una volta
nell'equivoco tattico che ne ha già limitato l'efficacia in
campionato. Il problema è che Hamsik non è un trequartista e
nemmeno un regista offensivo, bensì un incursore, e per sue
intrinseche caratteristiche, finisce con assumere una posizione quasi
parallela a quella di Higuain, trasformando lo schema in qualcosa di
molto simile a un 4-4-2. Senza un collegamento, alla difesa e ai due
mediani non resta che lanciare palla lunga, o sulle fasce o alla
ricerca della testa del Pipita, regolarmente sovrastato da Mangala.
Il
risultato è che il Napoli parte sì, basso, ma non alza mai il
baricentro: la palla quando va in avanti finisce subito con l'essere
riconquistata dal Porto, che pur giocando a ritmi blandi, fa correre
molto la palla e mette in forte difficoltà la difesa partenopea,
spesso in ritardo soprattutto in Britos.
Il
centrale perde una prima volta l'uomo all'8', ma sulla percussione
centrale di Carlos Eduardo, Martinez calcia ma si fa parare il tiro da
Reina. Secondo errore di Britos al 20, quando viene annullato un gol
a Carlos Eduardo, che era riuscito a passargli alle spalle.
Il
centrocampo del Napoli non gioca mai palla, quello del Porto mena le
danze. Benitez, notando la difficoltà nel fraseggio, chiede ai suoi
di giocare più sulle fasce, ma per Insigne superare l'attento Danilo
è un problema, mentre Callejon e Alex Sandro danno vita a un bel
duello sulla destra. Non è un caso che gli unici patemi per il
Porto nel primo tempo arrivino da lì.
Secondo
tempo
Finito malissimo il primo tempo, Benitez probabilmente si fa
sentire in spogliatoio, perchè il Napoli torna in campo ordinato,
alza di 20 metri il baricentro e per dieci minuti fa vedere grandi
cose. Hamsik finalmente abbassa di 15 metri la propria posizione e
comincia a smistare palloni. Dal suo piede fra il 50' e il 55'
nascono tre grandi occasioni: la prima servita a Callejon che calcia
a colpo sicuro e trova il piedone di Helton, la seconda tocca ad
Albiol che non inquadra la porta su corner, la terza a Higuain e
Callejon che però non combinano. Tre occasioni fallite e la legge
del calcio colpisce: il Porto va in gol subito dopo, con un
chirurgico diagonale di Martinez.
Il
gol subito disunisce il Napoli che perde ordine: Hamsik si fa
frenetico e finisce col fare di nuovo la seconda punta: dopo un altro quarto d'ora di inutilità, Benitez lo sostituisce con Maertens.
Il
Porto è più ordinato, chiude ogni varco e potrebbe anche
raddoppiare, ma il suo tentativo si infrange sul palo. Nel finale,
nel disperato tentativo di sfruttare in qualche modo i lanci lunghi,
Benitez lancia nella mischia anche Duvan Zapata che, incredibilmente,
per ben due volte sfiora l'1-1 Ma pretendere che sia lui a levare
le castagne dal fuoco ci sembrerebbe eccessivo.
Conclusioni
Ancora
una volta il Napoli paga dazio soprattutto all'equivoco tattico
legato alla posizione di Hamsik. Quello che con Mazzarri, partendo
venti metri indietro era un incursore micidiale, capace di scegliere
d'istinto i tempi di gioco per inserirsi in avanti al fianco della
punta, con Benitez, partendo da posizione più avanzata, perde la
profondità e langue senza spazi in cui gettarsi. Inutile pensare di
farne un regista offensivo, un trequartista, una mezzapunta: non sarà
mai nulla di tutto questo. Il rischio semmai è che si dimentichi
anche quello che sapeva fare bene.
Per
il resto, il doppio confronto resta aperto: al ritorno però il
Napoli ovrà riuscire a trovare delle linee di gioco diverse da
quelle, molto prevedibili, messe in mostra al Dragão,
in grado di aprire la difesa del Porto, che sembra lenta nei due
centrali, ma che sul piano della sincronia non mi sembra abbia nulla
da invidiare a nessuno.
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