domenica 17 novembre 2013

Il signore dei tralicci

Per tanti anni ha dispensato diplomatici sorrisi e ostentato aplomb, salvo poi perdere la calma con puntuali trasfigurazioni riprese dalle telecamere a ogni gol segnato o subito. Adriano Galliani (Monza, 30 luglio 1944) non è proprio quel dirigente freddo e calcolatore che gli piacerebbe sembrare. Però non è un personaggio banale, e probabilmente, se è vero ciò che si sente dire, e cioè che il Milan a fine anno gli darà il benservito, è probabile che a perderci possa essere, in qualche modo, l'intero movimento calcistico. E dire che nel calcio c'era finito per caso, e che fino al 1979 non avrebbe mai pensato di diventare forse il più intimo consigliere di Silvio Berlusconi, che infatti - sussurrano i bene informati - in questi giorni, nel progettarne la buonuscita, sembra essere in notevole imbarazzo.
Da dirigente ha sempre cercato di smussare gli eccessi dei suoi giocatori, ma ha anche ordinato lui (di persona? Su input del suo 'diretto superiore'?) il ritiro dal campo a Marsiglia quando i riflettori si spensero. Ha sempre fatto sfoggio di prudenza nel commentare i risultati, ma poi, quando a Istanbul il suo Milan dopo solo un tempo stava conducendo 3-0 la finale di Champions' col Liverpool non ha resistito alla tentazione di servire lo champagne in spogliatoio all'intervallo, e sappiamo come è finita. 
Stratega rossonero da più di 30 anni, ha messo in qualche modo il suo nome su 8 scudetti, 6 Supercoppe italiane, 5 Coppe dei Campioni, 5 Supercoppe Europee, 2 Coppe Intercontinentali e un campionato del Mondo per club, che ne fanno uno dei dirigenti più vincenti nella storia del calcio mondiale. Ora dovrà farsi da parte, e chissà se penserà a come tutto era cominciato, in quel 1979...
All'epoca, Berlusconi nemmeno lo conosceva. Il signor Galliani in quegli anni era un industriale nel settore delle telecomunicazioni: deteneva un'azienda chiamata "Elettronica Industriale", sede a Lissone. Cosa faceva? Beh, non si può proprio spiegare in una parola sola. Meglio raccontarlo.
In quegli anni, mentre la Rai trasmetteva ancora in gran parte in bianco e nero, c'erano tre televisioni straniere il cui segnale era ricevibile sul suolo nazionale, che diffondevano programmi a colori: Telemontecarlo, Capodistria, Tv Svizzera. Nelle aree in cui potevano essere captate, queste tre reti facevano ampia concorrenza alla Rai, ma il loro segnale era limitato alle zone più vicine al confine. In teoria, almeno, perchè poi ci pensava Galliani: aveva comperato tutta una serie di piccoli appezzamenti, di solito sui cocuzzoli delle montagne o in cima alle colline più alte, e ci piazzava dei tralicci con sopra dei ripetitori. Per qualche mese aveva semplicemente amplificato e 'ripetuto' i segnali delle tre reti, che in Lombardia, in poco tempo, avevano guadagnato molti ascolti. Poi era passato alla fase-2: aveva distorto portandoli fuori frequenza i segnali di Svizzera e Capodistria (che tanto non avrebbero potuto lamentarsi, perchè sul suolo italiano non avrebbero dovuto avere alcun ripetitore...). Poi aveva contattato porta a porta i potenziali clienti.  Il dialogo, che invento di sana pianta, probabilmente era di questo tipo: "La vedevate, la Svizzera? E Capodistria?" "Sì, certo, erano bei canali. Ma di colpo li hanno spenti"... "Eh hanno criptato il segnale! Ma non si preoccupi: ho qui un aggeggio per lei". L'aggeggio era un convertitore, che attaccato al televisore ri-distorceva il segnale, riportandolo a posto. Naturalmente il convertitore, di cui la Elettronica Industriale aveva il brevetto, va a ruba: in un certo modo è nata, con 15 anni di anticipo, qualcosa che assomiglia alla pay tv...
So cosa state pensando: ma era legale? Diciamo che non era proibito, perché sulle comunicazioni all'epoca non esistevano leggi esaustive. E nel vuoto normativo, chi ha i mezzi economici può sempre fare grandi cose. Il reato, o per meglio dire l'illecito amministrativo, se ve n'era uno, poteva semmai essere il fatto di costruire i ripetitori, e infatti quando i carabinieri rinvenivano un impianto erano soliti disattivarli o farli radere al suolo. Ma per Galliani questi erano piccoli inconvenienti di un mestiere comunque redditizio. "Non vorrei sembrare uno di quei baronetti inglesi che prima avevano fatto i corsari, non vorrei che sembrasse una storia piratesca", racconterà anni dopo lo stesso Galliani in un'intervista a "Epoca". E in effetti l'impressione è un po' quella. L'intervista proseguiva così: "Con quel sistema vendevamo decine di migliaia di convertitori alla settimana. Dalla fabbrica di Lissone consegnavamo queste apparecchiature ai rivenditori di materiali elettrici che, oltre alle apparecchiature, distribuivano il segnale all’interno delle varie regioni. Una specie di catena di Sant’Antonio. Loro prendevano il segnale al Nord della regione, lo trasportavano sino al Sud e ce lo riconsegnavano. Noi lo passavamo a un altro concessionario e così via. Con questo sistema arrivammo sino a Messina con Telecapodistria e con la tv svizzera. E finalmente nel 1975, ecco la legge di riforma della Rai: la cosa divenne legale". Non solo: quando nel 1976 arrivò la sentenza della Corte Costituzionale che ammetteva le tv locali, Galliani aveva già le frequenze e i ripetitori. E per comprarli, installarli, distribuirli, non dovette certo impegnarsi un occhio della testa. Erano tempi pionieristici in cui tutto costava ancora poco. Una volta si lasciò scappare, in pubblico, che con quel sistema che aveva ideato, sarebbe stato possibile, potenzialmente, coprire con un segnale l'intero territorio nazionale, come la Rai. Sembrò che non lo avesse ascoltato nessuno, ma la sera del 31 ottobre a casa Galliani suonò il telefono. "Il signor Galliani?" "Sì, chi lo desidera?"; "Mi chiamo Silvio Berlusconi. posso averla a cena da me domani?"
Non si erano mai visti, si conobbero attorno a un tavolo, e si piacquero così tanto che Berlusconi andò al sodo: "Venga con me, faremo una televisione che batterà la Rai. Se accetta, le compro il 50% della Elettronica Industriale. Il prezzo, lo faccia lei". Galliani grazie a quella sera detiene un piccolo record: è l'unico al mondo a detenere il 50% in una delle società di Berlusconi. Il Milan, però, a quanto pare non si può davvero dividerlo a metà...

1 commento:

  1. Grazie Massimo, questa ancora non la conoscevo... E complimenti anche per il bel titolo

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