giovedì 31 ottobre 2013

Revival Verona (1) - Paralleli fuori luogo

In fondo c'era da immaginarselo, e anzi per certi versi era inevitabile. L'avvio di campionato, ottimo quanto imprevedibile (francamente c'ero anche io fra quanti avevano pronosticato la squadra fra quelle che avrebbero lottato per la salvezza) del Verona di Andrea Mandorlini (Ravenna, 17 luglio 1960) ha, anche comprensibilmente, innescato paragoni e paralleli fra la squadra di oggi e quella della prima gestione di Osvaldo Bagnoli, che culminò nella stagione 1984-'85 con il primo (e finora unico) scudetto degli scaligeri. C'è una cosa che accomuna le due esperienze: il primo anno, salito dalla B e con una squadra ben poco considerata dai media, il Verona di Bagnoli chiuse al quarto posto. Lo stesso attualmente occupato dalla truppa di Mandorlini. Sotto il profilo della classifica, il parallelo è dunque perfettamente valido. Ma solo in questo senso. Sia a livello tattico, che come concetti di gioco, che come tipologia di squadra, però, le due realtà restano agli antipodi. Perché in generale quello era un altro calcio, certo, ma anche perché la filosofia calcistica di Bagnoli, per chi si ricorda la sua squadra, era ben diversa da quella di Mandorlini. Concetti assai diversi per personaggi assai diversi. Taciturno, Bagnoli, riottoso e quasi timido nel dover parlare ai giornalisti, modesto nei modi e nell'accostarsi al calcio, di cui è stato un laborioso artigiano, attento al particolare e universalmente stimato, anche da chi gli giocava contro. Quello di Mandorlini, al contrario, è un carattere sopra le righe, spesso spigoloso, non particolarmente apprezzato dagli avversari, soprattutto dai tifosi, ma talvolta anche da alcuni colleghi.

Ma non è a livello caratteriale che si impone il parallelo fra i tecnici, bensì nella loro visione del gioco.
Cominciamo allora dal Verona di Mandorlini, e cominciamo col dire che si tratta di una squadra che preferisce agire per linee verticali e con un ricorso abbastanza sistematico ai lanci lunghi, una tipologia di distribuzione in cui i gialloblù sono ai primi posti fra le squadre di A. In una classifica del possesso palla in percentuale, il Verona dopo 10 giornate è 13° (48%); fra le squadre ai primi posti, tanto per confrontare, quella che fa più possesso palla è la Juventus (55%) seguita da Fiorentina (54%), Napoli e Roma (53% entrambe).



 Si tratta quindi di una squadra 'verticale' e questo non sorprende, in quanto la presenza in avanti di una torre come Toni facilita il ricorso al lancio diretto per le punte. 
Una ulteriore conferma arriva dalla distribuzione degli interventi difensivi, nei quali i due terzi sono rilanci (64,2%), e la seconda voce più rilevante è quella delle palle intercettate (27%), mentre solo l'8,8% sono tackle, il che vuol dire che il Verona predilige tenere lontana palla dalla propria area piuttosto che giocarla direttamente coi difensori. Vedremo a breve quanto questa caratteristica sia differente dalle abitudini del Verona di Bagnoli.



Per quanto riguarda il modulo, Mandorlini si affida a un 4-3-3 abbastanza classico, dove le varianti di gioco sono date soprattutto dalla scelta di questo o di quel giocatore. Per esempio, l'interpretazione del terzino sinistro è più offensiva con Albertazzi e più bloccata con Agostini, così come in avanti Martinho e Iturbe hanno due alternative non testuali in Jankovic e Gomez. 
In generale, la posizione dell'attaccante esterno sinistro è molto alta mentre l'esterno di destra è utilizzato partendo da più lontano, per fare da collante col centrocampo. In fase difensiva, dieci uomini scalano a cercare di portarsi dietro la linea del pallone, col solo Toni in funzione di riferimento per una veloce ripartenza. Giusto sottolineare, a questo punto, che il terminale più avanzato nel Verona di Bagnoli era 'nanu' Galderisi: fisicamente agli antipodi rispetto a Toni, con evidenti ripercussioni sulla tipologia di manovra in fase di possesso palla. Ma ci ritorneremo sopra molto presto

(1 - continua)

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