domenica 24 marzo 2013

Friedenreich, un piede da gioielleria


Per l'autore brasiliano Carlos Maranhao è stato "...un ballerino mulatto dagli occhi verdi, dai capelli stirati e dai piedi magici". per gli europei, che lo videro giocare solo una vola, quando una selezione paulistana sconfisse 7-2 la nazionale francese nel 1925, era "El Tigre".
Arthur Friedenreich (Sao Paulo, 18 luglio 1892 - Sao Paulo 6 settembre 1969) è stato certamente il primo grande giocatore mulatto, e potrebbe essere il vero detentore della palma di miglior marcatore di tutti i tempi. Ai giorni nostri, il record per il maggior numero di reti segnate in carriera spetta a Pelè, che ne ha segnati 1281. Secondo alcune fonti, però, Friedenreich sarebbe arrivato addiritura a 1329. Difficile dirlo, anche perchè vista l'epoca e le mille difficoltà affrontate nel tempo dal calcio brasiliano, per molte di quelle reti non esistono documenti ufficiali. La possibilità più accreditata è che in realtà "El Tigre" ne abbia segnati "soltanto" 1239. Di sicuro, c'è che la federazione brasiliana ha deciso in suo onore di istituire il premio Arthur Friedenreich, riservato ogni anno al giocatore capace di segnare più gol nell'intero arco della stagione.
Era un gran cannoniere, Friedenreich: molto magro (soltanto 52 chili distribuiti su 175 centimetri), aveva grande tecnica individuale, possedeva notevole intelligenza tattica, poteva contare su un lancio preciso e una grande freddezza sotto porta. Si narra (anche qui mancano documentazioni ufficiali) che in carriera non abbia mai sbagliato un calcio di rigore.
Gran viveur (fumava sigari, beveva cognac, frequentava i cabaret), riuscì comunque a prolungare la propria carriera per 26 anni, una rarità per l'epoca.
Aveva preso da suo padre, tedesco, gli occhi verdi, e da sua mamma, afroamericana, la carnagione, mulatta, e i capelli, estremamente riccioluti, che lui usava stirare con l'ausilio di un artigianale miscuglio fra brillantina e cera. La sua carriera in Nazionale risentì fortissimamente del bando ai giocatori di colore che rimase in vigore per oltre un decennio in Brasile, e così si spiegano le sole 17 presenze (e 8 reti) con la Selecao. Tuttavia, proprio in Nazionale, scrisse la sua pagina più memorabile, e visse la sua ora di più grande gloria. Abbiamo detto ora, ma forse dovremmo dire due ore e mezza, visto che tanto durò l'interminabile partita che assegnò il titolo di campione del Sudamerica.
Quell'anno la Còpa Amèrica vedeva al via 4 nazionali: Brasile, Uruguay, Argentina e Cile: la formula prevedeva che le partecipanti si sfidassero in un girone all'italiana, con trofeo assegnato alla prima classificata, e la formula dei 2 punti a vittoria e 1 punto ciascuno per il pareggio.
Il Brasile esordì battendo il Cile 6-0 (tripletta di Friedenreich), ripetedosi poi contro l'Argentina (3-1). Ma l'Uruguay, avendo battuto 3-2 la stessa Argentina e 2-0 il Cile (in una partita funestata dall'infortunio fatale al portiere della Celeste Roberto Chery, che subì durante la gara lo strozzamento di un ernia che lo avrebbe condotto alla morte dopo 13 giorni di agonia in ospedale), arrivò allo scontro diretto con la nazionale brasiliana a pari punti.
Le due squadre fecero (raccontano le cronache "ruinoso pari per 2 a 2" (Gradin e Scarone per la Celeste, doppietta di Neco per il Brasile), rendendo così necessario uno spareggio.
Si gioca il 29 maggio 1919, e agli ordini dell'arbitro argentino Juan Pedro Barbera, le due nazionali arrivano sullo 0-0 al novantesimo. Si va ai supplementari, ma neanche quelli consentono di sbloccare il risultato: ancora 0-0. Disastro: all'epoca non ci sono i calci di rigore, e la Còpa Amèrica non può essere assegnata per sorteggio. La soluzione sarebbe una terza partita, ma il calendario non lascia spazio per un altro rematch. L'arbitro allora ordina, in accordo coi capitani, altri due supplementari, e al 137° minuto, un tocco di Friedenreich sottomisura regala al Brasile la vittoria in questa interminabile finale, chiusa dopo 150 minuti di gioco.
Per il Brasile è la prima vittoria in assoluto nella competizione: esplode la gioia di tutta una nazione, che culmina in una grande festa popolare che vede la scarpa con cui Friedenreich ha segnato il gol decisivo transitare per le strade di Rio esposta sopra un palo e accompagnata dalla targa: "Il glorioso piede di Friedenreich". Successivamente, la scarpa fu esposta a turnazione nelle vetrine di tutte le ioiellerie di Rio de Janeiro.
Anche la musica comunque celebra il vincitore: l'autore di bossa nova e samba Pixinuinha, infatti, omaggia la prodezza di Friedenreich con una delle prime composizioni musicali in onore del calcio: "Um a Zero", eseguita insieme a Benedito Lacerda. "El Tigre" diventa immortale.


Còpa Amèrica, 29 maggio 1919 - Partita di Spareggio
Rio de Janeiro, Estadio das Laranjeiras

Brasile-Uruguay 1-0
(dts: 0-0, 0-0, 0-0, 0-0, 1-0)

Brasile: Marcos, Pindaro, Bianco; Sergio I, Amilcar, Fortes; Millon, Neco, Friedenreich; Heitor Domingues, Arnaldo

Uruguay: Saporiti, Varela, Foglino; Naguil, Zibechi, Vanzzino; Pèrez, H.Scarone, C.Scarone; Gradìn, Maràn. 

Arbitro: J.P.Barbera (Argentina)

Rete: 137° Friedenreich 

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