lunedì 25 giugno 2012

Italia-Inghilterra, sempre un grande classico

Portogallo, Germania, Spagna, Italia sono le ultime quattro squadre in pista nel gran ballo europeo. Gli azzurri di Prandelli raggiungono il trio delle altre semifinaliste al termine della partita meglio giocata di tutto il loro/nostro campionato (anche se tatticamente la prima ora contro la Spagna era stata da leccarsi i baffi). Mister Roy Hodgson ancora una volta mostra di non conoscere altro Verbo che il 4-4-2 (oggi in versione "11 men behind the ball") e come era prevedibile finisce con quella faccia un po' così, fra lo sbigottito e l'incredulo, che i tifosi interisti e udinesi già conoscevano bene. Merito anche di Prandelli, che per fortuna non ha seguito le indicazioni date da Arrigo Sacchi su un certo giornale rosa. "Hodgson si batte così": parola di uno che lo ha affrontato due volte in Nazionale, senza peraltro mai riuscire a batterlo (14/10/1992 Italia-Svizzera 2-2: 1/5/1993 Svizzera-Italia 1-0).
La partita è stata godibile. Secondo tradizione, direi: è un peccato che le sfide fra Italia e Inghilterra siano poco frequenti nel calcio europeo, fra capricci dell'urna e poca volontà di confrontarsi: di solito sono sempre partite piuttosto divertenti, anche per il confronto fra due mentalità diverse. Anche la partita di ieri sera non ha fatto eccezione. In realtà l'Inghilterra di oggi, un po' per qualche limite del suo mister, un po' per caratteristiche della sua attuale rosa di giocatori (c'è in atto una fase di cambio generazionale, e raramente queste coincidono con i successi), non è un avversario ad alta complessità tattica; in effetti la partita è stata lineare: niente cambi di modulo, niente sostituzioni-chiave, niente variazioni. Un sistema di gioco contro l'altro per due ore. L'inserimento di Montolivo per Thiago Motta dimostra che il disegno tattico di Prandelli era quello di dominare il centrocampo, con due registi ai due estremi del rombo (Pirlo basso, Montolivo alto) e due giocatori di corsa e di contrasto ai due lati (De Rossi e Marchisio). Il 4-4-2 inglese, a livello teorico, avrebbe potuto offrire più ampiezza di gioco, ma la versione scelta da Hodgson ha badato invece ad intasare gli spazi centralmente: Milner veniva richiamato verso il centro a marcare De Rossi, e Ashley Young a sua volta seguiva Marchisio per linee interne. Dall'una e dall'altra parte quindi il gioco sulle fasce era affidato soprattutto ai terzini, con i due italiani che, per caratteristiche, erano più portati ad appoggiare la manovra. Il modulo di Hodgson ha mostrato presto tutti i suoi limiti soprattutto per quanto riguarda il controllo di Pirlo, che nel primo tempo soprattutto, approfittando di una linea difensiva inglese più alta, ha avuto a disposizione gli spazi necessari per imbucare il pallone in profondità, e in un paio di occasioni solo l'imprecisione di Balotelli (per lui partita a due facce: ottima la preparazione e il lavoro senza palla, carente la finalizzazione) ha impedito alla gara di prendere un'altra piega. Con il progressivo abbassarsi della linea inglese nel secondo tempo e poi nei supplementari, gli spazi di passaggio per Pirlo si sono ridotti, ma l'Inghilterra è diventata ancora meno efficace nelle sue sporadiche ripartenze. Anche per questo, nell'ultimo scorcio di gara, Hodgson ha provato a allungare la squadra posizionando un giocatore di estrema fisicità, Carroll, e uno di grande velocità, Walcott, nella trequarti avversaria: era una scelta logica, che ha dato qualche frutto. Giocando così, comunque, arrivare ai rigori era davvero il massimo che un tecnico potesse pretendere: l'Inghilterra esce dalla competizione senza avere mai perso, ma senza avere neppure mai convinto.

Le ultime quattro

In ultimo, torniamo al quadro generale. Il panorama delle semifinaliste vede da un lato del tabellone un interessante confronto tutto iberico. Spagna-Portogallo è collettivo contro individualità. La Spagna gioca un bel calcio, ma continua a far fatica a fare gol; il Portogallo invece è tutto imperniato sugli estri di un solo uomo, ma non ricordo, dall'Argentina di Maradona in poi, un giocatore tanto decisivo. Cristiano Ronaldo fin qui ha portato i suoi di peso alla semifinale. Non vedevo un giocatore incidere tanto sulle sorti della sua squadra all'Europeo dai tempi di Platinì. Ora c'è l'ostacolo più difficile, ma credo che gli spagnoli, in questa versione, non siano imbattibili.
La Germania, dal canto suo, è due gradini sopra le altre per qualità complessiva di organico, alternative di gioco, completezza della rosa. I tedeschi sono i logici favoriti, ma se chiedete a ciascuna delle altre tre di quale squadra abbiano più paura sulla strada del titolo, penso che sia loro che gli spagnoli risponderanno convintamente "Italia". Non siamo nella nostra migliore fase storica, abbiamo tanti giocatori infortunati o in condizioni precarie (oggi i bollettini medici sono da tenere strettamente d'occhio per De Rossi e Abate soprattutto), ma facciamo comunque paura. Solo merito della nostra fama? Anzichè una risposta organica fornisco un dato statistico: la Spagna finora ha incassato in tutto l'Europeo un solo gol, quello di Di Natale. Non siamo fortissimi, ma siamo sempre duri da digerire.

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