venerdì 15 giugno 2012

Vorremmo, ma non possiamo

Vorremmo, ma non possiamo. Almeno per adesso, e se non cambia qualcosa, per poter ottenere un risultato importante agli Europei dovremo aspettare altri quattro anni, perchè di questo passo si torna a casa. L'Italia è così: diligente, ma limitata. La Croazia conferma che la storia nel calcio ha il suo perchè: in 7 partite l'abbiamo battuta una sola volta, nel 1942 (e più che una nazionale gli slavi erano un insieme di 11 giocatori professionisti raccattati fra i profughi di guerra) poi da allora sono arrivati solo 3 pareggi e 3 sconfitte. A Poznan sembrava la volta buona per sovvertire la maledizione, almeno nel primo tempo: quando la punizione di Pirlo, tagliata e maligna, è entrata in porta dopo una parabola ai confini della legge fisica, e i biancorossi hanno accusato il colpo, sbandando e rischiando il raddoppio. A quel punto era una gara da chiudere, ma non l'abbiamo chiusa.
Nella ripresa, poi, il solito calo fisico, aiutato da un paio di sostituzioni forse un po' azzardate da parte di Prandelli, ha consentito ai croati di riportarsi in parità e per tutto il secondo tempo abbiamo sofferto non poco. Diligente ma limitata, si diceva: la nostra è una nazionale grigia, che non ha cambio di passo. Non si può dire che giochi male, ma tira in porta di rado e quasi mai con gli attaccanti (Balotelli in area cade in preda a ricorrenti attacchi di narcolessia, Cassano nei sedici metri non ci entra mai): i pericoli più grossi anche contro la Croazia sono arrivati dalle conclusioni da lontano di Marchisio e dai calci piazzati di Pirlo.
Tatticamente siamo messi bene, ma ci manca il guizzo: se non inventa qualcosa Pirlo, non abbiamo altre fonti di gioco; i due laterali spingono poco, e in copertura non sono sempre impeccabili, la difesa a tre (più due) nonostante la superiorità numerica nel cuore dell'area non è impermeabile.
Non è il caso di vedere tutto nero, ma se dopo il pareggio con la Spagna c'era chi aveva visto nella nostra nazionale le stimmate della grande squadra, il match con la squadra di Bilic avrà dimostrato a questo qualcuno quanto fosse lontano dalla verità.
Prandelli aveva azzeccato le mosse giuste contro la Spagna; stavolta ha sbagliato molto, lasciando il nostro centrocampo a soffrire sui portatori di palla avversari, in superiorità numerica grazie ai frequenti sganciamenti dei terzini, privi di oppositori testuali, visto che i nostri due esterni si sono limitati ad aspettarli, senza mai, o quasi, aggredire lo spazio, vista la pressione croata; e anche i cambi nel finale (specialmente l'ingresso di Montolivo) non sono parsi migliorativi.

La mossa che nel secondo tempo ha girato la partita a favore dei croati (passata completamente sotto silenzio dai commentatori tv. La Rai li sceglie competenti) è stato lo spostamento di Modric direttamente nell'area d'azione di Pirlo: nel primo tempo Bilic lo aveva affidato a Mandzukic, che però non aveva le caratteristiche giuste per portare il pressing né la capacità di tener palla per farsi marcare dall'italiano trascinandolo fuori dal gioco. Spostare Modric su Pirlo ha liberato Mandzukic per l'attacco (consentendogli di allargare la nostra difesa a tre con percussioni sul fronte sinistro) e soprattutto ha permesso di alzare di quindici metri il baricentro della squadra croata, togliendo all'Italia il contributo del suo unico giocatore creativo. Forse un utilizzo di Diamanti, più anarchico ma anche più imprevedibile, al posto del geometrico Montolivo, avrebbe potuto controbattere questa mossa, così come un'ipotesi sarebbe stata quella di tornare al 4-4-2 con una coppia di esterni offensivi in grado di togliere spazio a Srna e Strinic. Prandelli invece ha scelto una strada conservativa, ma questa Italia fa fatica a gestire il vantaggio e bisognerebbe che forse qualcuno capisse che inserire Giovinco e Di Natale alza certamente il tasso tecnico complessivo dell'attacco, ma riduce drasticamente la forza fisica negli ultimi 20 metri: o si sfrutta la velocità dei due con una fonte di gioco in grado di innescarli (e delegare questo compito al solo Pirlo mi pare oggettivamente ingrato), oppure si rischia di non tenere un pallone in avanti e ritrovarsi a centrocampo anche qualche difensore, a fare massa critica.
Agli azzurri resta solo la sfida con l'Irlanda del Trap: bisogna vincere, possibilmente largo, e sperare che Spagna e Croazia non facciano un biscottone chiudendo sul 2-2, risultato che ci eliminerebbe comunque: è una scena già vista nel 2004, con il famoso "biscottone scandinavo". A quanto pare in Spagna, confermando una atavica tradizione alla sportività, su internet è già stato aperto un dibattito sull'argomento. D'altra parte, che a cavalcare il sospetto e dirsi intimorita dal timore di una gara"aggiustata" per farci fuori sia una federazione come la nostra, nel cui campioanto la frode sportiva è ormai prassi tanto comune da essere quasi divenuta istituzionale e decine di giocatori di serie A sono indagati per "Scommessopoli", ci sembra veramente come voler svuotare il mare con un cucchiaio: c'è da farsi prendere per scemi.

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